Quando arriva il momento di passare dall’allattamento esclusivo allo svezzamento, spesso i genitori hanno tante ansie e preoccupazioni.

Quando iniziare a proporre i cibi solidi? Perché alcuni bambini cominciano a 4 mesi e altri a 6? Svezzamento o autosvezzamento? Le domande sul tema sono tante e ascoltare le esperienze diverse di amici e parenti non fa altro che aumentare la confusione.

Abbiamo voluto fare chiarezza proponendo le domande più frequenti di mamme e papà al dr. Lorenzo Norsa, pediatra del reparto di epatologia, gastroenterologia e trapianti dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

1) Svezzamento, a quanti mesi cominciare?

L’Oms ha individuato una finestra tra il quarto e sesto mese, per l’introduzione dei cibi solidi nell’alimentazione del bambino. Si parla di una finestra e non di una scadenza precisa, perchè i fattori da valutare sono diversi. La decisione di cominciare a introdurre cibi solidi dipende sicuramente dal grado di preparazione del bambino e dal fatto che il bambino sia o meno allattato al seno. Se un bambino è infatti correttamente allattato al seno, che deve essere sempre prediletto, si può ritardare lo svezzamento.

2) Si possono introdurre subito tutti i gruppi alimentari o è meglio procedere gradualmente?

Gli ultimi studi dimostrano che non c’è alcuna limitazione nell’introduzione dei gruppi alimentari. Anzi maggiore sarà il numero di alimenti che riusciremo a introdurre, minore sarà l’impatto delle allergie alimentari a lungo termine.

3) Autosvezzamento o svezzamento tradizionale?

Entrambe le opzioni si possono prendere in considerazione, ma bisogna fare un’analisi dei pro e dei contro di entrambi gli approcci. Nel caso dell’autosvezzamento la difficoltà potrebbe presentarsi con le consistenze più difficili da gestire per il bambino, che quindi potrebbe avere un apporto calorico più basso rispetto a quello necessario. Bisogna parlarne con la famiglie e dopo aver valutato tutti gli aspetti con il pediatra, si può scegliere l’approccio più adatto alle proprie esigenze insieme.

4) Come abituare i bimbi sin da piccoli a mangiare tutto?

Non limitarsi alla dieta che si fa in casa. Se in famiglia si ha un’alimentazione “monotona” che propone poca varietà di cibo, l’abitudine al gusto del bambino, che si forma nei primi anni di vita, non verrà stimolata.
Ultimamente ho assistito ad una bellissima conferenza nell’ambito del Congresso Europeo di Gastroenterologia Pediatrica, da parte di un’epidemiologa danese che presentava proprio la questione dello sviluppo del gusto del bambino. Perché il bambino possa sviluppare una nuova attitudine al gusto bisogna che venga esposto ad un determinato cibo tra le 6 e le 10 volte. Se partiamo invece dal presupposto che appena un bambino rifiuta un determinato alimento lo escludiamo dalla dieta, poi gioco forza il piccolo tenderà a mangiare solo alcuni cibi.

5) Baby food, quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi?

Il baby food non va demonizzato. Per quanto non sia un cibo fresco, appena preparato, il fatto che provenga da una filiera controllata, lo rende ad esempio più sicuro per quanto riguarda problematiche di contaminazione alimentare. L’importanza è l’ascolto, capire le abitudini della famiglia e cercare di proporre un approccio che sia sostenibile dai genitori e che garantisca il giusto apporto calorico e di micronutrienti essenziali al bambino.

6) Utilizzare prodotti con farine diverse dal grano o “addizionati” con elementi difficili da far assumere ai bambini (verdure e legumi) può rappresentare una valida alternativa per variare la dieta?

Può rappresentare un’iniziativa valida per introdurre nuovi gusti e nuove consistenze. È una possibilità interessante che permette di introdurre alimenti più complessi, spesso meno accettati, con dei formati più accattivanti che aumentano il gradimento. Sempre durante la conferenza a cui accennavo prima, si è parlato di come l’accettazione della porzione viene molto migliorata dalla presentazione; quindi lo stesso gusto con una forma più accattivante per il bambino sicuramente abbiamo migliori risultati d’accettazioni.

7) Obesità infantile, come prevenirla?

I dati dicono al momento di non accedere nell’apporto proteico nelle prime fasi di vita, perché questo sappiamo può incrementare la percentuale di obesità a lungo termine.