Informazione, consapevolezza e supporto hanno un ruolo fondamentale durante il travaglio di parto. Ottenere le giuste informazioni consente alle future mamme di conoscere cosa significa teoricamente mettere al mondo il proprio bambino. Partendo da questo presupposto, da ostetrica, ho notato che una delle maggiori paure delle donne in attesa è come affrontare il dolore. In base alla mia esperienza e alla mia qualifica, il metodo più semplice, efficace, senza controindicazioni e sicuramente vantaggioso: è il movimento.

Le fasi del parto

Le maggiori associazioni e organizzazioni europee e mondiali nel campo ostetrico e ginecologico raccomandano fortemente nel primo e secondo stadio del travaglio l’assunzione di posizioni che siano libere. Ma quali sono le migliori in base alle fasi del parto? Innanzitutto differenziamo il primo e il secondo stadio del travaglio. Per prima fase si intende il momento in cui le contrazioni iniziano a essere proficue, frequenti, intense e di ampiezza maggiore ai 30 secondi con una dilatazione della cervice uterina superiore ai 3-4 centimetri. Il secondo stadio è dato dalla presenza di attività contrattile con le medesime caratteristiche e che permetta dal raggiungimento della dilatazione completa della cervice uterina (10 centimetri) la nascita del neonato in seguito all’attività di spinta della partoriente, secondo le sue necessità e il suo desidero. Ho aggiunto questa piccola postilla finale perché assistendo le donne in sala parto, mi sono resa conto personalmente di quanto sia importante che la pratica espulsiva finale sia basata sulla volontà della paziente. sul suo desiderio e sulla sua percezione e non dal raggiungimento della cosiddetta dilatazione completa. Questo previene non solo complicanze di natura ostetrica ma anche le cosiddette lacerazioni post partum.

Le posizioni migliori in base alle varie fasi del parto

In base a quanto esposto, vediamo insieme quali sono le posizioni migliori in base alle varie fasi del parto.
Posizioni consigliate per il parto

Nel primo stadio è altamente consigliato optare per le posizioni erette o mobili quali:

  • in piedi classica o con supporto che può essere anche il vostro partner;
  • inginocchiata;
  • seduta possibilmente su una sedia ostetrica;
  • accovacciata;
  • a carponi con movimenti di contro-nutazione volti ad ampliare i diametri dello stretto superiore ossia del primo tratto del bacino femminile.

Tutte queste posizioni risultano vantaggiose perché il nostro obiettivo in questa fase è:
– favorire la discesa del feto e allo stesso tempo la dilatazione della cervice uterina, il tutto garantendo meno scarico a livello sacrale;
– diminuire il dolore percepito dalla donna.

I movimenti consigliati permettono innanzitutto di allineare il feto al bacino e facilitano la sua discesa, sfruttando la forza di gravità. Inoltre consentono all’attività contrattile di essere più efficace e modificare in minor tempo la cervice uterina; infine la tensione e la pressione esercitata dalla testa del feto viene percepita in maniera ridotta a livello sacrale per cui si ricorre a una quota di farmaci inferiore e si amplifica il benessere sia materno che fetale.

Assumendo le posizioni eretta avremo anche una minor compressione a seguito dell’aumento dell’utero di vasi importanti, quali aorta e vena cava materna, che consento una maggior perfusione sanguigna al feto con minor alterazioni cardiotocografiche e minor ricorso alla sorveglianza del benessere fetale.

Nel secondo stadio, anche propriamente chiamato periodo espulsivo invece, l’immaginario classico è dato dalla classica posizione litotomica sul lettino da parto come nei film, la quale può essere vantaggiosa per chi assiste ma in termini di salute non per gli assistiti. Questo perché le spinte della partoriente sono meno proficue, il periodo espulsivo sarà prolisso e  il feto, a seguito della compressione uterina, avrà un minor dispendio di sangue e nutrimenti essenziali, uno su tutti l’ossigeno.

Quali sono quindi le posizioni da preferire in questo stadio?

posizioni travaglio, fase espulsiva
  • inginocchiata;
  • eretta;
  • seduta piegata in avanti;
  • accovacciata supportata o in sospensione;
  • asimmetrica;
  • semi laterale.

Le posizioni elencate e raffigurate nell’immagine ci consentono di:

  • permettere la discesa ulteriore della testa fetale;
  • ampliare i diametri della parte inferiore del bacino;
  • distendere in maniera del tutto fisiologica la muscolatura del pavimento pelvico;
  • promuovere il benessere materno e fetale;
  • eliminare manovre invasive che ostruiscono la fisiologia dell’evento nascita;

Quanto appena scritto è fortemente raccomandato con numerosi articoli di natura scientifica che testimoniano quanto il movimento in travaglio sia fondamentale per rispettare non solo la salute della donna ma anche del futuro neonato e permettere un decorso che rispecchia la normalità dell’evento parto. Molto spesso però ciò che risulta altamente consigliato con evidenze scientifiche non rispecchia la pratica clinica concreta e si discosta dalla realtà ospedaliera odierna.

Il travaglio e la sua assistenza è un evento estremamente complesso e pieno di variabili: sia chi assiste, che anche l’assistito molto spesso si trovano a dover intraprendere delle scelte che non sempre sono in accordo con l’evidenza scientifica.
Ciò che posso consigliare alle donne in attesa è di collaborare, di esporre le proprie volontà che possono essere solo frutto di una sana informazione ed educazione al parto. Per cui non sottovalutate l’importanza che possa avere un corso di accompagnamento alla nascita e se possibile frequentatelo insieme al vostro partner.

Tramite queste opportunità potrete scoprire l’importanza della comunicazione e quanto la collaborazione tra personale sanitario e paziente sia la chiave di volta per risultati soddisfacenti.
Vi consiglio ancor prima del travaglio, al momento dell’incontro conoscitivo con le ostetriche, di comporre il vostro Birth Plan, ossia cosa desiderate per il vostro parto, cosa vi aspettate delle ostetriche quale tipo di assistenza possiate essere giusta per voi.
Questo per permettere sia alle mie colleghe di capire che tipo di paziente si troveranno a dover assistere, sia a voi di conoscervi meglio e poter prendere consapevolezza delle vostre necessità e desideri.

Nel caso tutto questo non fosse rispettato?
Ogni donna ha i propri desideri, le proprie esigenze e necessità soprattutto nel momento in cui si trova a vivere un’esperienza a lei sconosciuta. I motivi che possono determinare la non realizzazione di tali condizioni possono essere molteplici: necessità assistenziali, procedure da eseguire oppure la mancanza di un adeguato numero di personale sanitario in grado da garantire un’assistenza che metta al centro la donna e il suo prossimo neonato.

Il confine però tra salvaguardia della salute di madre e bambino e estremizzazione delle procedure è spesso molto labile. Molto spesso pratiche ormai obsolete come clistere, episiotomia, manovra di Kristeller e posizioni non libere in travaglio e parto vengono spesso giustificate come scelte necessarie per salvaguardare la salute degli assistiti, dimenticando che il grado di salute è uno stadio di benessere non solo fisico ma anche psicologico.

A difesa delle donne è stata coniata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la definizione di “violenza ostetrica”, intesa come appropriazione dei processi riproduttivi della donna da parte del personale sanitario. Il mezzo che permette tale possesso è appunto l’utilizzo ingiustificato di tutti gli espedienti assistenziali sopra citati. Dalla definizione di violenza ostetrica, nasce in seguito al movimento #bastatacere, l’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica Italia. Il fine di questo Osservatorio è di dare voce ed interrompere il silenzio riguardo questa tematica e offrire spunti di riflessione. E di materiale su cui riflettere ce ne è tanto, basti pensare che nel 2016 circa il 21% delle donne ha subito interventi o procedure che corrispondono alla dicitura di violenza ostetrica, tra cui la non possibilità di scegliere una delle posizioni elencate.

Se ne siete state vittime anche voi che state leggendo o vi siete anche solamente sentite violate non rispettate, interrompete il silenzio perché questo possa essere anche lo spunto di miglioramento del piano assistenziale offerto dai presidi ospedalieri e di riqualifica del personale sanitario.
L’arte ostetrica non è per tutti, come assistere ad una nascita e capirne il privilegio, per cui difendetevi.
Allo stesso tempo chiedo alle mamme comprensione nei confronti di quelle colleghe empatiche, amorevoli, professionali e competenti che desidererebbero eseguire la loro qualifica a regola d’arte ma hanno delle risorse limitate.
In questo caso la comunicazione è alla base per creare un’alchimia e una sinergia tra paziente ed ostetrica che non ha eguali, facendo sì che la sala parto da luogo del terrore diventi un posto magico.