Il parto consta di tre fasi: periodo dilatativo, periodo espulsivo e secondamento.
Queste fasi vengono precedute da una fase prodromica di preparazione durante la quale la mamma può avvertire delle contrazioni preparatorie irregolari di bassa intensità, simili ai classici dolori mestruali.
La prima fase è caratterizzata dalla dilatazione del collo dell’utero accompagnata da ravvicinate e intense contrazioni. La dilatazione per parlare di I fase deve raggiungere almeno i 3-5 centrimetri. Dilatazioni <3-5 cm anche se accompagnate da contrazioni regolari e dolorose non indicano un travaglio attivo. La fase espulsiva è la fase dell’uscita vera e propria del bambino che viene accompagnata dal secondamento, ovvero dall’espulsione della placenta.

Durata del parto

Non esiste una durata del parto. Questa infatti varia notevolmente da donna a donna e dipende da una moltitudine di fattori. Il modo in cui la donna vive il parto influenza la sua durata. Anche il dolore è un fattore molto soggettivo. Tuttavia secondo la letteratura scientifica, il parto è il dolore più violento che una donna possa sperimentare nella vita. Oggi è possibile evitare o comunque ridurre il dolore grazie all’anestesia epidurale. Tuttavia non tutti i punti nascita offrono tale servizio h24. Alcuni centri poi offrono anche la possibilità di partorire con protossido d’azoto. Altre strategie “naturali” proposte sono bagni caldi, aromaterapia, ipnosi e massaggi.

Parto spontaneo e cesareo

Il parto spontaneo (o naturale) è il parto vaginale che avviene senza bisogno di aiuti medici, quali forcipe o ventosa. Il questo ultimo caso il parto vaginale viene definito parto operativo vaginale.
Non è facile sapere dalle statistiche quanto sono i parti spontanei e quanti i parti operativi. Ciò che è certo è che in Italia i parti vaginali sono circa il 65% contro il 35% di tagli cesarei (con punte del 45-50% nelle regioni del Sud Italiana).
Questa percentuale è molto alta se consideriamo che l’OMS ha imposto una soglia (francamente molto bassa) di tagli cesarei del 15%.

È comunque importante sottolineare che il taglio cesareo non va demonizzato in quanto può essere fondamentale per salvare la vita di mamma e bambino. Talvolta però si effettua perché il parto è troppo prolungo, perché la donna è stanca o per ragioni di comodità di medico e/o struttura. Eppure, ci sono tecniche, che aiutano a ridurre il rischio che un parto spontaneo si trasformi in cesareo come la possibilità di travagliare in acqua, l’assistenza costante e diretta di una persona come l’ostetrica e soprattutto la possibilità di scegliere liberamente la posizione in cui stare.

Il parto naturale infatti dà molta soddisfazione alla madre sia dal punto di vista fisico che psicologico ed emotivo; la ripresa è più veloce e si può avviare bene e subito l’allattamento, magari già in sala parto. Inoltre si riducono i rischi per le gravidanze future quali aderenze, placenta previa, accretismo placentare. Ad oggi inoltre il VBAC, parto vaginale dopo cesareo – anche multiplo – è una possibilità concreta nonché una scelta ragionevole.

Posizione laterale

Come dicevamo è anche molto importante la posizione che assume la donna. Una particolare posizione consiste nello stare sdraiata su un letto su un fianco con le gambe chiuse e le ginocchia verso il petto per aiutarsi nella spinta. Durante questa fase è importante il sostegno psicologico del medico di fiducia, che dà forza emotiva e fisica alla donna che così risulta in grado di controllare le contrazioni e gestire le spinte. La donna può rilassarsi e vivere la contrazione, accettandola e assecondandola senza subirla, restando quindi nella stessa posizione fetale del bambino che sta per nascere.