Lo strumento per un’assistenza alla nascita personalizzata

Da anni ormai in Italia si parla del Piano Nascita, conosciuto anche come Piano del Parto. Di cosa si tratta? E soprattutto, può essere considerato un valido aiuto per la gestante nel prendere il controllo sul percorso nascita, in un contesto ormai sempre più medicalizzato?

Il Piano Nascita è un accordo scritto e firmato tra la partoriente e la struttura in cui la donna decide di dare alla luce il proprio bambino, sia essa pubblica, privata o una casa maternità. Anche nel caso di un parto a domicilio, la futura mamma può stilare tale documento e consegnarlo direttamente all’ostetrica che ha scelto per essere seguita in gravidanza e durante il travaglio/parto.
La donna, in base alle proprie esigenze, formula delle richieste specifiche rispetto a cosa desidera e a cosa si aspetta, a partire dal luogo del parto fino all’assistenza. Espone le proprie scelte, scrive punto per punto quali sono le sue intenzioni, i suoi desideri in merito al travaglio e al parto, ma anche per la degenza e per le cure neonatali. Definisce anche ciò che non vuole che venga fatto durante il parto a se stessa (es. episiotomia o “taglietto sul perineo”, o spinta sull’addome-manovra Kristeller) o al neonato (che venga separato subito dopo la nascita, che non venga attaccato al seno della mamma).

Come si costruisce

Se si digita su un motore di ricerca internet l’espressione “Piano del Parto” è possibile notare come siano disponibili vari modelli che la madre può prendere come esempio.
Alcuni di questi si presentano come una lista di opzioni, alle quali la donna può dare o meno il proprio consenso. Altri sono composti invece da domande aperte, alle quali la gestante risponde indicando le sue preferenze. O semplicemente la gravida può scrivere una sorta di lettera in cui dichiara le sue aspettative, in cui sottolinea quanto desideri che la natura e fisiologia abbiano il ruolo primario e che gli interventi medici siano ridotti al minimo (ovviamente la principale preoccupazione resta l’incolumità del bambino, oltre che la sua).

Il dibattito sull’uso del “Piano Parto” in Italia

Molti sostengono che questo accordo scritto rappresenti quel nucleo attorno al quale si realizza una continuità assistenziale e che permetta così di pensare in “anticipo” a ciò che potrebbe accadere poi in travaglio/parto. Altri sostengono che questi Piani sono veicolo di comunicazione tra la donna assistita e gli operatori della nascita, migliorando cosi le scelte e decisioni della gestante, rispettandola in primis ma permettendole anche di essere cosciente e consapevole delle varie opzioni disponibili. Si incoraggia in questo modo la donna e si migliora il suo “empowerment”, garantendole il controllo su quello che è il percorso nascita. Si evitano inoltre protocolli standardizzati più o meno invasivi e si permette di discutere riguardo a ciò che è necessario fare.
La futura madre può così avere un’idea chiara e capire fino in fondo ciò che le aspetta al momento del parto, facendola sentire più partecipe, più sicura e fiduciosa.

Ma attenzione: la donna deve sempre ponderare le proprie scelte, contestualizzarle. Capire perché è preferibile un approccio piuttosto che un altro. Indagare. Conoscere. Essere adeguatamente informata.
Essere cosciente che comunque il parto rimane un evento naturale, ma anche imprevedibile e che quindi potrebbe non essere condotto come lei stessa ha immaginato e sperato.

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