Dopo che il bambino ha compiuto l’anno di età, la letteratura scientifica si divide quando si tratta di consigliare il latte da utilizzare. Come abbiamo visto nel precedente articolo, possiamo dire che ci siano 4 diverse tipologie di latte che il bambino può assumere: il latte materno, il latte formulato, un latte di origine animale (come il latte di mucca), un latte/bevanda di origine vegetale.

Rispetto a quando accade nel primo anno di vita, il bambino ora dovrebbe avere un’alimentazione diversificata e varia e quindi il latte dovrebbe essere una delle fonti di nutrimento senza ricoprire più quel ruolo fondamentale che aveva nel primo anno.

Allattamento materno: si può continuare anche dopo i 12 mesi?

Se la mamma allatta, il consiglio è di proseguire con l’allattamento al seno fino a quando mamma e bambino lo desiderano. Concetto molto importante perché mette in rilievo il fatto che le decisioni al riguardo devono essere prese dai due soggetti coinvolti – la mamma e il suo bambino (ovviamente nel contesto della famiglia nella quale vivono) – senza ingerenze esterne, ma con la possibilità di accedere al confronto con personale qualificato. Quindi, arrivati all’anno di età, il consiglio base rimane quello di allattare, dato che il latte materno è in sostanza superiore rispetto a tutte le altre opzioni disponibili.

Quale latte scegliere?

Nel caso in cui il piccolo non prenda il latte materno (o lo prenda ma ci sia comunque l’intenzione di fornire anche un altro tipo di latte al bambino), si potrà optare per una delle altre 3 possibilità (latte formulato, latte vaccino, bevanda vegetale), che sono però molto diverse tra loro.

La prima riflessione da fare riguarda la tipologia di prodotto, dato che stiamo parlando di “latti” completamente diversi l’uno dall’altro (e dal latte materno) da un punto di vista di composizione e pertanto non possiamo considerarli esattamente interscambiabili.
Il latte materno e il latte formulato hanno una composizione che è grossomodo simile per quanto riguarda l’apporto di calorie e di alcuni nutrienti (proteine, grassi, carboidrati, ecc.), mentre risultano differenti sotto altri aspetti (nel latte materno: presenza di componenti del sistema immunitario, presenza di un microbiota specifico, ecc.).

Il latte vaccino intero è particolarmente ricco di proteine e grassi (soprattutto saturi), è ricco di lattosio, è ricco di calcio, mentre è povero di ferro.
I latti vegetali sono molto diversi sia tra di loro, sia se confrontati con il latte umano, un latte formulato o un latte vaccino. Possono presentare infatti quote di proteine simili a quelle del latte vaccino (è il caso del latte di soia) o particolarmente basse (il latte di riso). Hanno una composizione in grassi diversa non solo come quantità ma anche come tipologia di grassi, dato che sono naturalmente privi di colesterolo e in genere contengono pochi grassi saturi (il latte di cocco, al contrario, è ricco di grassi saturi). Sono naturalmente privi di lattosio e di proteine del latte vaccino. Possono essere fortificati dal produttore con calcio e vitamine, ma possono presentare anche zuccheri aggiunti.

In altri termini, se un bambino, per esempio di 15 mesi, è abituato ad assumere a colazione un biberon di latte formulato, il passaggio alla stessa quantità di un prodotto di origine vegetale (ad esempio una bevanda a base di mandorle) andrà valutato con l’aiuto di uno specialista – a meno che non si tratti di un’eccezione, condizione nella quale la dieta del piccolo, nel suo complesso, non subisce grandi variazioni.

Un secondo punto da tenere in considerazione è la quantità di latte consumato.
Se le quantità che il bambino assume sono limitate, l’impatto che la modifica della tipologia di latte avrà sull’alimentazione complessiva del bambino sarà limitato. Al contrario in quelle situazioni in cui bimbo, magari a 18 mesi, beve ancora molto latte e mangia poco degli altri alimenti, la scelta di un prodotto piuttosto che di un altro andrà valutata con cura perché tale variazione potrebbe comportare importanti modifiche negli apporti complessivi di calorie e nutrienti dalla dieta.

In questi casi inoltre sarà utile lavorare con la famiglia sull’alimentazione complessiva del bambino così da mettere in atto strategie per aumentare l’apporto di altri cibi (in termini di quantità e varietà) e ridurre quello di latte, senza soffermarsi solo sulla tipologia di latte che assume.
Inoltre, i consigli che lo specialista potrà dare saranno influenzati anche da altre considerazioni come quelle sulla crescita del bambino (peso, lunghezza/altezza, ecc.) o dalla presenza di eventuali patologie nella storia del piccolo o della sua famiglia – perché le specifiche caratteristiche dei diversi “latti” possono essere utilizzate vantaggiosamente in questo senso.

Infine, in un’ottica più ampia, può essere utile valutare con la famiglia anche altri aspetti, come l’impatto che le diverse tipologie di “latte” possono avere sull’ambiente e gli aspetti inerenti lo sfruttamento animale – motivazioni che in alcuni casi sono alla base del proposito della famiglia di cambiare tipologia di prodotto.

Quindi, il concetto che dovrebbe guidare la scelta del latte (in senso lato) dopo l’anno di età è che non c’è una soluzione unica, valida per tutti, ma che la decisione per un prodotto piuttosto che per un altro è necessario che sia una scelta informata, consapevole e individualizzata.

 

 

Bibliografia:
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