A volte si fanno strada anche domande e timori.
Uno dei principali interrogativi che occupa la mente delle coppie in attesa spesso è: saremo in grado, soprattutto ora, che la società sembra un posto non sempre sereno ed ospitale, di essere genitori?
Come si può crescere un figlio in serenità in questa epoca moderna, in cui ci sono continui cambiamenti, e i rischi sembrano tanti?
Spesso non ci si sente pronti e, in effetti, non è possibile esserlo se ci si approccia al cammino della genitorialità come a qualcosa che bisogna “saper fare bene”.
La genitorialità è, infatti, un viaggio di crescita in cui ogni genitore sarà spinto dai propri figli a toccare e superare i propri limiti, i propri timori, le proprie fatiche e rigidità. Si cammina insieme, si cresce insieme. Se si ha l’umiltà di accogliere un figlio come un’esperienza di vita da cui imparare, anziché come una prestazione da svolgere al meglio.
Una volta accolta questa ottica, ci sono tante cose che si possono fare per allenarsi, proprio come si fa in palestra, a gestire il ruolo di genitore con serenità, efficacia, leggerezza e, perché no, anche divertendosi, strada facendo.
Non dovrebbe venirci naturale?
Sì, dovrebbe. Ma non accade.
L’evoluzione della specie e della società ci hanno portati all’abitudine di prendere decisioni utilizzando molto il ragionamento, la pianificazione. Sentiamo il bisogno di assicurarci prestazioni elevate e lo facciamo ragionando, informandoci tantissimo, consultando molti esperti. Vorremmo controllare ogni aspetto della genitorialità, un po’ come facciamo sul lavoro, o nella gestione della casa, per assicurarci che tutto funzioni sempre al meglio.
Ma cercare di essere efficaci nella cura di un essere umano passando dal ragionamento è paragonabile ad andare a cercare stelle alpine in riva al mare. Si cerca nel posto sbagliato.
Nelle relazioni umane, la bussola che ci garantisce le scelte giuste si trova in un’altra dimensione. Quella dell’intuito.
Non sappiamo bene dove trovarlo e come usarlo perché, essendo spinti ad usarlo poco, è accaduto, come per i muscoli che stanno troppo a riposo, che si è un po’ “atrofizzato”, indebolito, e magari ci si è posato sopra qualche strato di polvere. Se ricominciamo però ad allenarci con consapevolezza e costanza a sentire la voce del nostro intuito e a distinguerla dai dubbi generati dalla dimensione mentale, ci divertiremo davvero ad accompagnare i nostri figli nella vita. Perché i bambini abitano la dimensione dell’istinto e non possono essere condotti da guide che non conoscono questa “terra”.
Come si usa l’intuito?
Alcuni indizi per partire alla scoperta della dimensione dell’istinto possono essere trovati osservando i momenti in cui ci arrivano delle intuizioni, cioè quelle cose che sentiamo che dobbiamo o non dobbiamo fare senza spiegarci in modo chiaro il perché: lo sentiamo e basta.
Quelle ispirazioni improvvise, che quando le seguiamo senza porci troppe domande né troppi limiti raramente ci sbagliamo.
Le intuizioni in genere arrivano quando viviamo un tempo lento, con la mente libera di vagare in uno spazio vuoto.
Quando siamo connessi alle nostre emozioni. E quando non guardiamo noi stessi con uno sguardo giudicante.
Allora, partiamo da questi indizi per indirizzare il nostro allenamento. Rallentare per adeguarci al loro ritmo.
In gravidanza possiamo iniziare, piano piano, con il passare dei mesi, a concederci di re-imparare a vivere un tempo più lento. Più a nostra misura. Un tempo in cui teniamo in grande considerazione la sensazione di quanta energia abbiamo, di cosa abbiamo o non abbiamo voglia di fare. Pensando in ogni momento solo a quello che stiamo facendo nel presente, senza spostarci mentalmente in altri tempi e luoghi.
Esattamente come fanno i bambini, prima di essere condizionati da una società che mette al primo posto ciò che “si deve” o “non si deve” fare. Stiamo in ascolto. All’inizio sentiremo poco, e faticheremo a distinguere la voce della mente da quella del cuore.
Ma poi, piano piano, il volume del cuore si alzerà, poiché finalmente quella parte così preziosa di noi si accorgerà che ci siamo messi in ascolto.
Sentire le nostre emozioni
Il linguaggio dell’intuito e del cuore è costituito essenzialmente dalle nostre emozioni. In tutte le loro sfumature.
Sono utili anche la tristezza, la rabbia, il disgusto, la noia, l’inquietudine. Perché ci danno informazioni importanti.
Alleniamoci ad accogliere e ascoltare anche le emozioni che siamo abituati a considerare poco apprezzabili, disturbanti, faticose.
In fin dei conti sono solo onde, che portano messaggi. Se ascoltate, così come arrivano poi vanno. Come accade nel cielo: possono esserci più o meno nuvole e il vento le sposta di continuo. Ma sopra le nuvole, anche quando sono spesse e rimangono per tanto tempo, possiamo avere fiducia che troveremo sempre un cielo vasto e libero.
Se ci ascoltiamo senza censure, oltre ad avere tra le mani lo strumento più potente in assoluto per orientarci nelle decisioni della vita, avremo il privilegio di insegnare ai nostri figli a maneggiare questo materiale in modo rispettoso ed efficace dentro di loro, che sarà un grande vantaggio. Soprattutto in questa epoca storica in cui dilagano il panico, lo stress, i conflitti, l’insoddisfazione.
Più ci allontaniamo da noi, più perdiamo la strada.
Prenderci cura di noi e metterci al centro, per allenarci al rispetto.
Dopo tutto ciò che abbiamo riscoperto, verrà naturale anche questo passo essenziale: rimettere noi stessi al centro.
Non i doveri. Non le aspettative degli altri. Non le prestazioni.
Ciò che sentiamo. Ciò che vogliamo, o non vogliamo fare.
Ad educare i figli sarà il nostro esempio, più delle parole. Così, se noi ci rispettiamo, ci ascoltiamo, ci trattiamo bene, anche loro imiteranno questo modo di stare nella vita, e staranno bene.
Lasciarci aiutare, perché da soli non si può fare
Qua possiamo tranquillamente scomodare il conosciutissimo e antico proverbio, che ci dice che “per crescere un bambino, ci vuole un villaggio”.
Non possiamo farcela da soli. Siamo limitati, siamo umani, il carico totale di un altro essere umano, che nel primo anno di vita non lascia molto spazio e molta tregua poiché totalmente e completamente bisognoso di sostegno e presenza, è troppo pesante se non si collabora. È troppo per uno, ma è troppo anche per due.
Madri e padri devono chiedere aiuto, presenza, sostegno ai familiari, ai membri della loro comunità, agli amici, a chiunque ritengano in grado di offrire tempo, aiuto, presenza.
Siamo tutti interconnessi, senza aiutarci gli uni gli altri possiamo fare davvero poco su questa terra.
E soprattutto i genitori non possono permettersi di sperimentare la spiacevole sensazione di vuoto, malinconia, demotivazione che arriva quando le energie sono finite, e si continua imperterriti a consumarne entrando in una situazione di profondo disequilibrio psicofisico.
Perché i figli hanno bisogno di adulti emotivamente equilibrati e psicologicamente “interi”. E questa situazione, piuttosto che curarla, è decisamente più saggio prevenirla.