“Dicono che gli orchi non esistono più, invece esistono ancora. Il mio papà è una persona importante e di notte è un orco (da “Per voce sola”, Susanna Tamaro)”.
Parlo sempre di infanzia violata perché penso che in tal modo posso informare tante persone con lo scopo di prevenire. Vorrei, ora, puntare l’attenzione sulla violenza assistita, che è un maltrattamento spesso dimenticato, sottostimato e difficile da rilevare per ragioni culturali.
È purtroppo sottovalutato anche dalle istituzioni che non hanno ancora attuato un sistema di protezione efficace per le donne vittime di violenza domestica e dalle agenzie educative, dove non si conoscono gli strumenti per riconoscerla e farla emergere.
Se tutti, invece, iniziassimo a parlarne, potremmo accendere i fari sul maltrattamento psicologico più insidioso perché danneggia lo sviluppo di competenza cognitiva ed emotiva.
Nel 1999, il riconoscimento della violenza assistita è stato favorito dalla commissione del CISMAI (coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia), affermando che la “violenza assistita si verifica quando i bambini sono spettatori di qualsiasi forma di maltrattamento espresso attraverso atti di violenza fisica, verbale, psicologica, sessuale compiuta da un membro della famiglia su un altro”.
La violenza assistita può essere agita direttamente se essi sono esposti alle violenze o sorprusi in loro presenza o indirettamente per conoscenza o quando qualcuno li informa o possono percepire gli effetti avverte in famiglia tristezza, terrore, angoscia o quando vedono lividi sul corpo della madre, vestiti strappati e suppellettili rotte.
I bambini sono testimoni di un conflitto che non li riguarda, ma di fronte alla denigrazione costante, ad essi non resta che isolarsi, convivendo con la paura, l’ansia, la rabbia e l’imbarazzo. Assistere a scene di violenza domestica è una delle esperienze più traumatiche che un bambino possa provare, in quanto esiste la possibilità di perdere uno o entrambi i genitori e di essere a loro volta vittime di abusi e maltrattamenti (De Zelueta,1999).
Dunque testimoni ma spesso anche vittime, quando sono usati contro uno dei genitori nelle separazioni o se difendono la madre ricevendo ceffoni o altro. Il più delle volte poi, possono diventare anche orfani di femminicidio quando si verifica la morte della madre da parte del padre.
Essi poi, risultano spesso invisibili agli occhi dei propri genitori, incapaci di comprendere la sofferenza interiore nel vivere quotidianamente in un clima di tensione e di incertezza, eppure i loro occhi, il loro comportamento non verbale seppure parlano, non c’è nessuno che li ascolta. I bambini, gli adolescenti nascono in questa relazione, dove viene negata la sintonizzazione emotiva da entrambi i genitori. L’ambiente familiare dovrebbe essere accogliente, invece, non lo è.
La cruda realtà che si evince è che essi sono terrorizzati, convivono con la paura, diventano fragili e vulnerabili, si sentono abbandonati e incapaci di provare fiducia verso l’altro. Li chiamiamo “bambini con le antenne” perché monitorano la situazione familiare, sono sempre in guardia e non si sentono mai al sicuro.
Sono preoccupati costantemente per se stessi e per il resto della famiglia, si prendono cura dei genitori in una inversione di ruoli, si sentono inutili, impotenti, a volte responsabili degli scontri fra i genitori, obbligati a mantenere il segreto della famiglia.
Da grandi potrebbero vivere osservando un modello di relazioni tossiche, usando l’intimidazione e la violenza, non rispettando le donne, prevaricando su gli altri piuttosto che risolvere un problema, fino ad arrivare anche al maltrattamento della propria partner. È’ necessario allora parlare di violenza assistita per capire i meccanismi, il disagio dei ragazzi, il loro iperadattamento alle situazioni di violenza. Ma prima di ciò, dobbiamo iniziare a mettere al centro di ogni cosa l’infanzia e l’adolescenza, rafforzando la rete sociale, il sistema familiare, la scuola così da valorizzare il diritto di essere protetti e di vivere in una famiglia serena.