La conoscenza della normalità è presupposto indispensabile per comprendere la patologia.

L’individuazione e la corretta interpretazione di uno stato patologico dovrebbe presupporre la conoscenza della normalità.
La mancata cognizione dei limiti di una normalità di riferimento, è presupposto molto rischioso di un mancato riconoscimento in un bambino, di un ritardo o di una inadeguatezza di sviluppo linguistico.
Sono ancora numerosi i casi di mancato o ritardato inizio di una terapia che avrebbe potuto cambiare la vita di molti bambini (dati i grandi vantaggi derivanti da un intervento abilitativo precoce), se ai loro genitori, giustamente allarmati dal ritardo evolutivo dei propri figli, non fosse stato risposto da parte di una classe medica e paramedica spesso impreparata (ed evidentemente non a conoscenza dei parametri di normalità), che “i segni riferiti non erano da considerarsi patologici e che “non c’era da preoccuparsi, perché il bambino era normale anche così”.
La normale evoluzione della comunicazione nel primo anno di vita, si realizza attraverso due passaggi fondamentali: da una comunicazione non intenzionale alla comunicazione intenzionale; da una comunicazione non linguistica alla comunicazione linguistica.
Il linguaggio verbale rappresenta una modalità comunicativa possibile solo nell’homo sapiens sapiens, ad una certa età, con una determinata educazione e se ad un certo livello di abilità corticali superiori.
I tempi critici per l’acquisizione dei meccanismi comunicativi, si collocano in un arco di tempo compreso nei primi tre anni di vita; mentre i tempi critici per l’acquisizione dei meccanismi linguistici si identificano nel periodo compreso tra i 18 ed i 48 mesi, avendo come tappa intermedia di normalità di riferimento, la comparsa della frase bitermine ed un patrimonio lessicale di almeno 20 parole, ai 18 mesi.
Di estrema importanza pratica, da considerarsi alla stregua delle tabelle di normalità del peso e dell’altezza, è la tabella di normalità dello sviluppo del linguaggio.
Non mi stancherò mai di affermare che tale tabella dovrebbe essere sempre davanti agli occhi (ancora meglio, stampata nella memoria) dei pediatri e di tutti i medici che entrano a contatto con bambini di età compresa tra 1 e 3 anni, affinché si cominci ad estinguere quella pericolosa abitudine – legata per lo più alla comunque ingiustificata non conoscenza di tali parametri- di minimizzare la portata di segnalazioni di bambini in ritardo di acquisizione del linguaggio.
Fino a circa venti anni fa erano più frequenti (e comunque non esclusivi) i casi di ritardo semplice di linguaggio ad evoluzione prognostica benigna; oggi (e lo affermo anche per esperienza personale) i bambini che nei primissimi anni di vita presentano ritardo o assenza di linguaggio, soprattutto se in associazione ad altri sintomi attestanti pur lievi alterazioni motorie, relazionali, comportamentali, sono a forte rischio di comunicopatie ben diverse dal ritardo “semplice” e di conseguenza non ha alcun senso procrastinare l’appuntamento con il foniatra e, nell’immediato seguito, con il logopedista.
La conoscenza della normalità va estesa poi anche ad altre abilità e comportamenti sociali, anche in questo caso per evitare di definire superfluo o prematuro un intervento abilitativo educativo che invece potrebbe essere necessario; o anche, al contrario, per non pretendere di insegnare ad un bambino qualcosa che invece sia al di fuori della sua portata, perché prevista per un’età più avanzata.
 

Sviluppo del linguaggio nel bambino normale

tabella sviluppo del linguaggio

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