Statisticamente nel mondo un neonato su mille nasce con labiopalatoschisi, malformazione congenita del labbro e del palato che si manifesta fin dall’epoca gestazionale.

Nel 2011 la Fondazione Operation Smile Italia Onlus ha avviato un’importante collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale, dando vita al Progetto Smile House, un modello organizzativo di rete, su scala nazionale, nato con l’obiettivo di gestire in modo efficiente ed efficace tutto il percorso di cura del bambino, che va dalla diagnosi prenatale fino al termine dello sviluppo psico-fisico, fornendo assistenza ai pazienti e ai loro familiari, formando medici ed operatori sanitari specializzati in diagnosi e cura delle malformazioni del volto e sviluppando contestualmente progetti di ricerca con lo scopo di fornire modelli assistenziali di elevata qualità e sicurezza. Il Progetto conta oggi su sei realtà: tre Centri di diagnosi, chirurgia, formazione e ricerca a Milano, Roma e Vicenza e tre Ambulatori, a Cagliari, Ancona e Taranto, dedicati alla diagnosi e alle cure complementari alla chirurgia.

Un approccio innovativo nella cura delle labiopalatoschisi

Il Progetto Smile House nasce dall’esigenza di seguire con un approccio multidisciplinare il trattamento delle malformazioni del volto, attraverso il coinvolgimento di un team di specialisti che valutino insieme i bisogni del paziente ed il percorso di cure da seguire in relazione alla patologia: “Il percorso di cura del paziente non finisce con la chirurgia primaria né con gli interventi primari – afferma Domenico Scopelliti, chirurgo maxillo- facciale e Vicepresidente della Fondazione Operation Smile Italia Onlus – Bisogna seguire il paziente fino alla fine dello sviluppo. Questo implica uno sforzo collegiale, che dovrà essere continuato e coordinato in modo tale da dare la risposta adeguata in un momento preciso della crescita e con una collaborazione multidisciplinare interdipendente, che abbia come obiettivo finale l’integrazione sociale del paziente”.

Tempestività, qualità e sicurezza

Anche durante il periodo più buio della pandemia, la Fondazione Operation Smile Italia Onlus, con i suoi medici e operatori sanitari, si è attivata in sostegno dell’emergenza Covid-19 supportando sia la Protezione Civile, sia il personale medico e le strutture ospedaliere in Italia. Proprio grazie alla rete delle Smile House durante il lockdown si è potuto attivare un modello assistenziale emergenziale che ha consentito di continuare ad assistere con tempestività e sicurezza i pazienti e le loro famiglie, anche a distanza.
L’evento pandemico ha comportato la necessaria temporanea sospensione in tutto il mondo delle attività assistenziali a favore dei bambini ed adulti affetti da labiopalatoschisi. Ma grazie alla Rete Smile House già nel maggio 2020 è stato possibile riprendere pressoché tutte le attività assistenziali, sviluppando alcune forme di seguimento a distanza per via telematica che hanno consentito di implementare il modello organizzativo Smile House. Sono stati potenziati allo stesso tempo i programmi di formazione professionale a supporto della rete assistenziale. L’evento pandemico ha comportato inoltre la necessità di approfondimento di alcuni temi della ricerca clinica nel settore. Le capacità assistenziali, di formazione professionale e di ricerca scientifica, unitamente agli obiettivi di tempestività, continuità e distribuzione territoriale, hanno fatto del modello Smile House una best practice di livello internazionale per il trattamento della patologia.

Voci dal team della Smile House dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma: l’importanza del percorso multidisciplinare

“La nascita di un bimbo è un momento magico per la coppia che ha deciso di intraprendere questo percorso. Spesso sapere che il bambino avrà un piccolo problema può essere destabilizzante, ecco perché è fondamentale fornire supporto psicologico: le mamme e i papà devono capire che una malformazione come la labiopalatoschisi è piuttosto comune e, soprattutto, che il bimbo riuscirà lo stesso ad avere una vita piena – spiega Giulia Amodeo, chirurgo maxillo-facciale – L’intervento per la correzione della labioschisi viene eseguito intorno a sei mesi o al raggiungimento degli otto chili di peso del bambino. Il palato, invece, viene chiuso a nove mesi di età, prima che il bambino inizi a parlare. Durante la crescita il paziente è seguito da un team che coinvolge, oltre al chirurgo, figure professionali quali odontoiatri, igienisti, logopedisti, psicologi, infermieri, otorini, genetisti in grado di intercettare qualunque necessità”.

“Essendo specializzato in ortodonzia, ho cercato di capire e approfondire le diverse problematiche legate alla labiopalatoschisi – aggiunge Sergio Marrocco, odontoiatra e specialista in ortodonzia – Molte sono le criticità che coinvolgono, oltre all’ortodonzia, anche altre branche dell’odontoiatria: prevenzione e igiene del cavo orale, pedodonzia, chirurgia orale, parodontologia, riabilitazione protesica e implanto-protesica. Da qui nasce l’importanza di un team specialistico, certamente in ambito ortodontico ma anche odontoiatrico. È fondamentale, infatti, seguire, durante la crescita, tutte le varie fasi della dentizione e dello sviluppo dell’apparato stomatognatico, per poter monitorare i piccoli pazienti a 360 gradi dall’infanzia, fino all’età adulta”.

“Il lavoro logopedico non è solo di tipo articolare, è un lavoro complesso che ha alla base l’accettazione della guarigione da parte del genitore. – afferma la logopedista Rosa Cammarella – Dopo l’intervento chirurgico, infatti, i bambini nati con la labiopalatischisi, a differenza di altre patologie, non hanno più la lesione organica; è un processo di trasformazione molto importante e i genitori vanno accompagnati nel percorso proprio per farne comprendere loro l’importanza”.