Un bambino che non si arrabbia rischia fare fatica da adulto a sapere ciò che vuole e lascerà spesso prendere decisioni agli altri, sviluppando una sorta di dipendenza affettiva.
Quando i bambini si arrabbiano, urlano, fanno scenate, stanno semplicemente desiderando qualcosa che per loro è importante, a prescindere dal fatto che sia un giochino o un gelato.
È una reazione fisiologica: il nostro cervello rilascia adrenalina, i vasi sanguigni si dilatano, il bambino è invaso da energia che scarica battendo mani, piedi, e dimenandosi sul pavimento.
Chiaramente per un genitore stanco dopo una giornata intensa questo è faticoso e a volte reagiamo in modo brusco alla collera dei nostri figli, trasmettendogli il messaggio che provarla sia pericoloso.
La collera è espressione di un bisogno, sentimento naturale ed importante. Per arrivare all’accettazione del NO, il bambino deve passarci attraverso.
Dunque impedire al bambino di provarla (anticipandolo, soddisfando il bisogno appena questa si manifesta o stroncandola rimproverandolo perché si arrabbia), non gli permette di imparare a vivere in modo sano anche la frustrazione, che, se moderata è costruttiva.
Non è la collera dunque il pericolo, ma la violenza. È su questo che possiamo intervenire. Quando il malessere è troppo intenso lo proietto sull’altro tramite la violenza: ho paura che qualcuno mi distrugga allora mi proteggo.
Cosa fare durante i momenti di rabbia dei bambini?
– Accogliere l’emozione ed accettarla, anche in pubblico, quando diventa più difficile (es. capisco che tu ti senta cosi, anche io mi sentirei cosi al tuo posto)
– Sostenerlo fisicamente se ce lo consente, e mantenere il contatto oculare, rimandandogli così un senso di sicurezza rispetto a ciò che sta accadendo.
– Invitare il bambino a sfogarsi dandogli delle alternative: possiamo fare un disegno, un cuscino per le botte, utilizzare una stanza neutra dove andare ad urlare quando ci sentiamo arrabbiati).
– Mantenere un tono neutro: il messaggio che deve passare al bambino non è “io mi arrabbio perché tu ti arrabbi”).
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