Quando si parla di patologie vertebrali, come la scoliosi, si sente spesso ripetere che la prevenzione è importante quanto il trattamento.

Facciamo chiarezza, partendo da un paio di definizioni, quella di screening e quella di scoliosi. Il primo è un’attività che mediante l’impiego di un test, di esami o di altre procedure che possono essere applicate rapidamente. può portare all’identificazione in via presuntiva di una malattia o di un difetto non riconosciuto.

La scoliosi è invece una deformità tridimensionale della colonna vertebrale, che in base all’età di prima rilevazione è infantile (fino a 3 anni di età), giovanile (dai 3 anni fino alla pubertà), adolescenziale (dalla pubertà fino alla maturazione ossea) o dell’adulto. Colpisce il 3% della popolazione, prevalentemente il sesso femminile, e nell’80% dei casi è diagnosticata in adolescenza.

Aggiungiamo un paio di altre caratteristiche che rendono la scoliosi una patologia “infida”: durante l’età evolutiva non dà alcun tipo di sintomo, così da rendere difficile individuare i giovani che sono ad alto rischio per lo sviluppo di deformità vertebrali, ed è, nella maggior parte dei casi, “idiopatica”, ossia non ne conosciamo le reali cause.

Ecco allora che in presenza di possibile scoliosi la diagnosi precoce, in un periodo di alto rischio di sviluppo, permette di avere cure adeguate con migliori risultati e minore invasività, così da evitare il più possibile che progredisca al punto da causare in età adulta dolore, deformità progressiva e talvolta problemi cardiorespiratori che influenzano negativamente la qualità di vita.

Screening: quando e chi?

Benché negli ultimi anni in Italia gli screening siano poco utilizzati, la loro importanza è ampiamente condivisa anche dalla comunità scientifica (ref. Screening for adolescent idiopathic scoliosis: an information statement by the scoliosis research society international task force).

Lo screening deve essere effettuato su tutta la popolazione di quinta elementare e prima media per le femmine, e di prima e seconda media per i maschi: questa età coincide con l’età pubere, quella a più alto rischio evolutivo per la scoliosi. Deve essere affidato a un operatore esperto che, tramite specifici test, individua i soggetti a rischio di deformità vertebrale. I risultati sono consegnati al paziente perché possa decidere con il proprio medico come procedere, se fosse necessario, definendo un iter diagnostico e terapeutico.

Come procedere?

Per valutare la presenza o meno della scoliosi dobbiamo come prima cosa osservare la schiena nuda dei ragazzi. La presenza di asimmetrie più o meno marcate a livello del tronco come la differenza di altezza delle spalle o tra i due fianchi, il dislivello tra le due scapole sono i primi indici di sospetto della patologia.

Fondamentale è il test di Adams: si esegue facendo flettere in avanti il paziente, con il capo chino, le braccia rilassate e gli arti inferiori estesi, così si evidenziano i gibbi che si devono misurare nel punto in cui c’è il maggior dislivello tra i duelati.
La misurazione si effettua con il metodo di Bunnell, utilizzando uno scoliometro per determinare l’angolo di rotazione del tronco. Se si ottiene un valore Bunnel uguale o superiore a 5° (o 7°) viene consigliata la visita specialistica.
Se il riscontro è superiore o uguale a 3° è necessario ricontrollare il paziente a sei mesi se vicino o già in fase di picco puberale altrimenti a un anno di distanza. Se il riscontro è inferiore a 3° (tra 0 e 2°), ma si rileva fianco assente o spalla alta o scapola sporgente è necessario ricontrollare il paziente dopo sei mesi, con invio al medico specialista se queste asimmetrie persistono, altrimenti i pazienti vengono rimandati al pediatra.

Lo screening è on line

Anche se non sei un esperto, puoi fare uno screening di base a tuo figlio, per segnalare eventuali dubbi al medico curante e capire se sia necessario consultare uno specialista.

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Dopo aver visionato un breve filmato di spiegazione, inizia la valutazione prendendo alcune misure. In base ai dati inseriti sarà possibile sapere se è opportuno rivolgersi a un esperto di patologie vertebrali o non c’è niente al momento di cui preoccuparsi.

Quando la scoliosi è un atteggiamento posturale

È facile che un genitore possa osservare con preoccupazione l’abitudine del proprio figlio, bambino o adolescente, a sedersi o a camminare in maniera scomposta, con una spalla più rialzata dell’altra, il collo in avanti. E che questo lo porti a chiedersi se non si tratti di scoliosi.
Facciamo chiarezza. Esiste una grossa differenza fra scoliosi e atteggiamento scoliotico.
Nella scoliosi la deformità della colonna è strutturata e necessita di un percorso medico e riabilitativo strutturato; in caso di atteggiamento scoliotico invece, spesso, basta attività fisica regolare, essendo una problematica posturale e riducibile con un buon rinforzo muscolare.

Durante il periodo dello sviluppo è opportuno effettuare uno screening alla colonna vertebrale per essere sicuri che l’atteggiamento scoliotico non nasconda una scoliosi vera.

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