Come si è evoluta la percezione del mondo social da parte delle generazioni che ne sono state attraversate?

Dal Secondo Dopoguerra ad oggi, possiamo individuare 5 categorie generazionali che a loro modo rispondono diversamente agli stimoli derivati dal mondo digital. Questo, perlomeno, fino al 2020. Cos’è cambiato con lo scoppio della pandemia?

Dal 1943 al 2020: le 5 generazioni Digital

1. Baby boomer (1943 -1960): quella che accoglie i valori di individualismo, di ottimismo e di vicinanza alla famiglia.
2. Generazione X (1965 -1976): cresciuti in un’epoca segnata dalle difficoltà economiche e dal primo vero avvento della tecnologia, trascorrono molto tempo sui social (a volte più dei Millennials).
3. Millennials (1977 – 1995): nati a ridosso del nuovo millennio, un’epoca densa di cambiamenti sociali rapidi e radicali, l’88% dei Millennials utilizza Facebook come fonte d’informazione, 87 milioni di loro sono presenti su Linkedin, il 30% è iscritto a Instagram.
4. Generazione Z (1996–2010): sinonimo della globalizzazione, alla ricerca costante della gratificazione immediata, del successo e del rispetto di importanti valori sociali e ambientali, amano interagire e lasciarsi influenzare dalle potenzialità dei nuovi media.
5. Generazione Alpha (2011–2020): interamente nati nel XXI secolo, trovano le loro foto sui social caricate dai genitori a partire dal primo vagito. Utilizzano la tecnologia in modo rapido, con nuove tecniche di linguaggio e comunicazione.

Da quel Febbraio-Marzo 2020, per i nuovi nati l’unico modo per conoscere il mondo è stato possibile grazie alla presenza prodigiosa delle nuove tecnologie. Attraverso uno schermo i nonni hanno potuto conoscere i nipoti, indipendentemente dalla distanza fisica che li separava davvero; un neopapà ha potuto assistere alla nascita del primo figlio, vivendo il tutto come in un film; abbiamo potuto assistere a matrimoni, lauree e funerali, mantenendo una parvenza di quei legami sociali a cui troppo spesso non abbiamo dato il giusto valore.

Ecco chi sono, dunque, i Pandemians: coloro che sono nati attraverso uno schermo.
Non sappiamo gli effetti che l’esposizione massiva alla tecnologia, fin dalle prime ore di vita, potrà avere sui bambini, ma è certo che è ora di cambiare il modo di educare al digitale.
Già da qualche anno si stava abbandonando l’idea che le nuove tecnologie fossero demoniache, prediligendo sempre i momenti offline. C’è stato un tempo in cui, però, i bambini fuori non potevano andare. Anzi i genitori avevano fatto entrare il lavoro nelle mura di casa e passavano le ore collegati.

“Perché mamma e papà sono sempre connessi, mentre a me dicono di no?”

Per un bambino i concetti di smartworking e homeworking sono incomprensibili. Loro guardano all’esempio e imparano dai modelli di riferimento. Modelli che, però, si andavano via via contraddicendo. Se da un lato limitavano ai bambini il tempo del gioco online, dall’altro davano loro da mangiare mentre rispondevano ad una chiamata di lavoro, giocavano con loro senza abbandonare il pc portatile, passavano ore in videochiamata con i nonni, gli zii o gli amici.
Addirittura la scuola era ora online. Ecco il punto di non ritorno. Diventa contradditorio e superficiale limitare il tempo online in un mondo che viaggia ormai in modalità On-Life.

Come fare, dunque? Ecco qualche consiglio utile:

  • Rendi amico il tuo nemico: la tecnologia esiste e dobbiamo conoscerla perché non ci spaventi.
  • Fai che sia un tempo di qualità: non è la quantità del tempo trascorso online che deve preoccupare, ma la qualità. È importante, dunque, che le attività online siano diversificate.
  •  Naviga informato: conosci e aiuta i tuoi bambini a riconoscere le trappole e i rischi del mondo di internet, così da poterli evitare e navigare in sicurezza.
  • Adotta la modalità On-Life: il troppo stroppia. Impara, dunque, a bilanciare il tempo trascorso nel mondo reale e in quello virtuale.