Le coliche del lattante sono un disturbo tipico dei primi mesi di vita del bambino e molto frequente, con numeri che oscillano tra un 2-3% e quasi il 30% dei bambini nel primo anno di vita.

Si presentano come episodi di pianto prolungato, inconsolabile, senza chiari fattori in grado di spiegare perché il bambino inizi a piangere (e perché poi smetta). Si verificano più spesso il pomeriggio e la sera. In genere sono presenti anche rossore in volto, smorfie, tensione addominale e la contrazione degli arti inferiori verso l’addome con le mani chiuse a pugno.
Per quanto riguarda le cause e i meccanismi che stanno alla base di questo problema, al momento sono state formulate diverse ipotesi. Un ruolo centrale si pensa che sia svolto dall’asse microbiota-intestino-cervello.

Il ruolo del microbiota intestinale nelle coliche del lattante

Il microbiota intestinale è quel complesso insieme di batteri (ma anche altri microorganismi) che abita nel nostro intestino e che svolge una serie di attività con possibili effetti positivi sulla nostra salute – parliamo in questi casi di eubiosi. Nel caso invece in cui la composizione in batteri del nostro intestino si modifichi in senso negativo parliamo di disbiosi: questo si può tradurre in effetti negativi sia a livello intestinale sia a distanza, nel resto dell’organismo. Nelle coliche questo meccanismo potrebbe portare a una eccessiva produzione di gas, a un’infiammazione di basso grado, a un aumento della permeabilità intestinale, a una eccessiva sensibilità viscerale, a una alterazione della motilità intestinale, ecc.

Il ruolo del sistema nervoso nelle coliche del lattante

Un ruolo potrebbe essere svolto anche dal sistema nervoso, sia il sistema nervoso enterico (il sistema nervoso che governa a livello locale alcune funzioni dell’intestino come la motilità o la secrezione) sia il sistema nervoso centrale (che processa gli stimoli che derivano dall’intestino e svolge anche funzioni dirette al controllo dell’intestino stesso). Molto discusso è ancora il possibile ruolo del malassorbimento dei carboidrati (come il lattosio) o la presenza di una componente di allergia alle proteine del latte vaccino. Trovare una causa (o più concause) e i meccanismi che trasformano questa causa nel problema sarebbe particolarmente utile perché permetterebbe di intervenire in maniera mirata su quella specifica condizione, rendendo così la terapia più efficace.

L’importanza di rassicurare i genitori

In genere il primo passo nella presa in carico del bambino con coliche, dopo aver raccolto la storia clinica, averlo visitato e valutato i parametri di crescita, consiste nel rassicurare i genitori che non sono presenti altri problemi, cioè che il pianto del bambino non è dovuto a una delle altre (innumerevoli) altre possibili cause di pianto del lattante. Già questo può avere un effetto positivo sul livello di stress della famiglia.
In questo senso è utile anche rassicurare i famigliari sulle loro capacità di gestione del piccolo. In alcuni casi può essere di aiuto anche un supporto “esterno”: farsi aiutare per qualche ora da un parente, un amico, una babysitter, che si occupino per un breve periodo del bambino e/o delle faccende quotidiane può avere un effetto positivo sulla gestione della situazione.

Le strategie a disposizione per calmare le coliche

Ci sono poi numerose altre strategie a disposizione: se la prima non dà il risultato sperato, ce n’è un’altra e poi un’altra e poi un’altra ancora da provare. Si va così da approcci incentrati sulla regolazione del livello di stimolazione del bambino al massaggio infantile, dal cullare al portare, dall’utilizzo di alcuni selezionati probiotici (i cosiddetti fermenti lattici) a prodotti farmacologici o fitoterapici, dalle terapie manipolative alle modifiche dell’alimentazione della madre e del bambino, ecc.

Senza scendere nel dettaglio, questi trattamenti hanno diversi pro e contro, possono risultare più o meno efficaci nella letteratura scientifica e nel singolo caso, e verranno quindi selezionati dal pediatra per la situazione specifica di quel bambino in quella famiglia. Due concetti risultano comunque centrali: 1) le risorse a disposizione per far fronte a questo problema ci sono, sono numerose, in continuo aggiornamento, e il loro impiego deve essere calibrato sul singolo caso, senza che al momento si possano dare indicazioni valide con sicurezza per tutte le situazioni; 2) è poi importante che la famiglia non si senta sola ma sia accompagnata in questa delicata fase della vita del bambino (e della famiglia stessa) sia da una comunità di supporto (familiari, amici), sia da professionisti qualificati.

Ma a un certo punto queste coliche finiscono?

Sì, le coliche sono un disturbo passeggero che si risolve nell’arco di alcune settimane. Indipendentemente dal motivo, il picco di pianto nel lattante viene raggiunto tra le 6 e le 8 settimane di vita; poi il pianto si riduce e verso i 3 mesi di età possiamo dire che le coliche siano passate. Un pianto che rimanga oltre i 5 mesi di età dovrebbe essere indagato perché potrebbe essere dovuto ad altre cause diverse dalle coliche. È però importante ricordare che pianto del lattante è un fattore di rischio per forme di maltrattamento come la Shaken Baby Syndrome: la sindrome del bambino scosso, in cui il violento scuotimento del bambino può provocare danni cerebrali. È quindi essenziale che chiunque si occupa del bambino riconosca eventuali situazioni di difficoltà così da poter offrire valide soluzioni per tempo. Inoltre, le coliche sono un fattore di rischio per la cessazione precoce dell’allattamento al seno.

Per concludere, le coliche del lattante sono un problema frequente, non ancora completamente compreso, con possibili diversi livelli di complessità, ma per il quale oggi abbiamo a disposizione diverse strategie in grado di migliorare la situazione.

 

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