“E il Papà dove lo metto? Dove lo metto non si sa, non c’è posto per carità!”.

Nella nostra società il periodo della gravidanza e il primo post parto sono, forse, due dei pochi momenti in cui alla donna/madre viene attribuito un ruolo centrale. Bene, verrebbe da dire! E invece no, perché, come in tutte le cose, “il troppo stroppia”.

Ancora oggi, come in passato, la figura del padre viene spesso relegata a “difensore” e “procacciatore”. A lui viene attribuito l’arduo compito di difendere i primi giorni e mesi della diade dal mondo esterno: dalle visite improvvise, dai consigli non richiesti e dai commenti indesiderati. Sempre lui viene, poi, investito del ruolo di “procacciatore di provviste”: esce la mattina per recarsi al lavoro e rincasa la sera, stanco ma soddisfatto di aver provveduto a reperire le risorse per la sopravvivenza della sua famiglia. In tutto questo, la madre sta a casa per dedicarsi interamente alla cura del piccolo.

Si rischia, però, di creare così un divario netto tra i compiti. Alla madre viene sì attribuito un ruolo centrale nella maternità, ma non nella maniera auspicata. Il lavoro di cura viene ancora una volta spogliato del carico mentale, fisico ed emotivo che comporta. È il padre che si prende cura della famiglia. Della serie “hai voluto la biciletta? Pedala!”. Allo stesso tempo, però, anche la figura del padre viene declassata: lui non può essere in grado di rispondere ai bisogni di cura e nutrimento dei figli, e, se lo fa, viene etichettato come “mammo”.

I benefici di una “Famiglia a staffetta”

La scoperta della gravidanza porta con sé uno sconvolgimento psico-emotivo che avvia la trasformazione della coppia verso il nuovo status di famiglia. Fare squadra fin dai primi momenti può generare molti benefici:

  • sostegno e supporto reciproco: i cambiamenti, così come i dubbi e i momenti di sconforto, investono entrambi ed è per questo che il dialogo e il confronto assumono un ruolo fondamentale;
  • suddividere il lavoro di cura: prendersi cura di un bambino non è cosa da poco. Il carico mentale ed emotivo rischia di gravare sul benessere di tutta la famiglia. Ecco l’importanza di lavorare insieme, darsi il cambio, proprio come in una staffetta, quando si percepisce la stanchezza dell’altro;
  • avere dei momenti per sé: l’attenzione eccessiva nei confronti della madre, fa spesso dimenticare alla neomamma il suo essere donna. Un papà presente permette quindi alla compagna di giovare di spazi per ricaricarsi e rilassarsi, consapevole di aver lasciato il figlio nel posto più sicuro: le braccia del papà;
  • godere di momenti dedicati: allo stesso modo, è fondamentale che entrambi i genitori singolarmente possano godere di spazi speciali da condividere con il proprio bambino, così da trovare la propria intimità e creare un loro spazio relazionale.

Tutto questo porta ad una solo conclusione: la gravidanza è un affare di famiglia. Fin dall’inizio, infatti, mentre la madre fa i conti con cambiamenti fisici e psicologici continui, il papà affronta un percorso di consapevolezza altrettanto potente. È alla ricerca di un suo ruolo attivo. Se non può nutrire il piccolo, perché allattato al seno, potrà dedicarsi alla sua cura nel momento del cambio o del bagnetto. O magari condividerà momenti di gioco, di lettura prima della nanna. Insomma la figura paterna acquista un ruolo fondamentale nel benessere psicologico ed emotivo della neonata famiglia.

Fare i conti con questo è un primo passo per dare al percorso di nascita il giusto peso nella società. Per far sì che alla ricerca prima e alla nascita di un figlio poi vengano riconosciuti i diritti spettanti, dobbiamo però iniziare dalla parole. Il papà che contribuisce e condivide il lavoro di cura non è un “mammo”, ma agente trainante che, insieme al compagno di staffetta, la mamma, conduce quotidianamente la famiglia al traguardo. Le parole hanno un peso, e per cambiare davvero le dinamiche dobbiamo iniziare da qui!