Il disegno è di sicuro l’espressione più autentica e originale della personalità infantile, è un mezzo di comunicazione che, come il linguaggio, è capace di esprimere il livello di maturazione ma anche i problemi, i sentimenti, le emozioni ed i conflitti del bambino.
I primi tentativi grafici dei bambini si hanno intorno ai 18-20 mesi ed i segni della matita, gli scarabocchi, sono caratterizzati dalla grande carica energetica che a questa età sovrasta di molto il limitato controllo motorio del bambino.
Intorno ai 2 anni il bambino si accorge che c’è un rapporto tra i suoi movimenti e i segni ottenuti e comincia a fare a suo piacimento linee verticali, orizzontali o circolari, l’intenzione di controllare il gesto è resa possibile dalla maturazione motoria e la matita viene mossa con movimenti guidati dallo sguardo.
Verso i 3 anni il bambino comincia a dare un nome al suo scarabocchio, gli attribuisce quindi dei significati disegnando non più per il solo piacere del movimento, ma per rappresentare sensazioni interne vissute intensamente. È questa la “fase dello scarabocchio a significato” che indica la presenza di un’intenzionalità rappresentativa.
È solo verso la fine del terzo anno di vita che i bambini iniziano a disegnare figure che assomigliano ad abbozzi di casa e di sole, tratteggiati seguendo il bordo del foglio e con abbondanza di croci, pseudo quadrati e configurazioni a sbarre.
A 4 anni gli scarabocchi acquistano organicità ed il loro significato è comprensibile anche all’adulto, emergono le prime schematiche figure umane e il bambino esce definitivamente dalla fase dello scarabocchio per entrare in quella figurativa. Dallo scarabocchio informe hanno origine sia il disegno che la scrittura, per disegnare, però, è richiesta inizialmente un’abilità motoria inferiore a quella necessaria per scrivere. A quest’età il bambino comincia a raffigurare la persona tracciando pochi elementi schematici della figura umana, con un cerchio per la testa da cui partono dei raggi che sono le braccia e le gambe, è il cosiddetto “omino cefalopode” comune ai bambini di tutto il mondo. Ben presto all’interno del cerchio compaiono due grandi occhi, poi la bocca e infine il naso. Il volto resta per lungo tempo la parte prevalente dell’omino tant’è vero che se un bambino si rifiuta di disegnarlo si può pensare all’esistenza di qualche problema.
Tra i 4 e i 5 anni il bambino disegna il primo abbozzo di tronco e spesso ci mette l’ombelico, superata questa fase l’omino è riconoscibilissimo e oltre agli occhi, al naso e alla bocca, c’è il tronco da cui spuntano le braccia e le gambe, per ultime compaiono le orecchie, spesso di dimensioni eccessive per il gusto della nuova scoperta, e l’occhio acquista il suo contorno portando nel centro il segno della pupilla. Il tronco si allunga e si allarga fino a diventare più ampio della testa, le gambe e le braccia sono bidimensionali e qualche volta appaiono cenni di vestiario, con l’omino quasi sempre rappresentato in posizione verticale.
A 6 anni lo schema mentale che il bambino ha del proprio corpo è più completo e infatti l’omino si arricchisce del collo e di due mani al fondo delle braccia, l’altezza totale è circa 4 volte la larghezza. Generalmente le bambine includono nei loro disegni un maggior numero di dettagli (riferiti sia alla persona che all’ambiente, come ad esempio fiori, giocattoli, animali) e la linea che rappresenta la terra, questa ambientazione che trasforma l’omino anonimo in un personaggio è indice di maturità e il fatto che le femmine la presentino in misura maggiore dei maschi è in relazione alla effettiva precocità delle bambine di questa età rispetto ai loro coetanei maschi. Sempre intorno ai 6 anni le persone amate vengono rappresentate con più cura e hanno dimensioni maggiori delle altre.
Il rappresentare figure statiche o in movimento è una caratteristica che dà molte informazioni sulla personalità del bambino, ad esempio chi preferisce le seconde è generalmente un estroverso. Se prima dei 5 anni l’idea dell’azione è resa dal raggruppamento di più elementi statici, in questo periodo la rappresentazione è resa dalle braccia che si tendono rigidamente verso l’oggetto o la persona da raggiungere, mentre oltre quest’età un modo molto diffuso di dare movimento al personaggio è quello di disegnarlo di profilo.
Inizialmente il bambino non copia la realtà ma la rappresenta, riportando quello che per lui ha più importanza e significato. Se per lui sono importanti sia l’interno che l’esterno della casa li disegna entrambi, dando luogo al cosiddetto “effetto trasparenza” dove le persone sono visibili attraverso i muri e le gambe attraverso i pantaloni perché il bambino sa cosa c’è al di là del muro o dietro i vestiti. Se, per esempio, il bambino ha imparato da poco che le piante hanno le radici, le disegna visibili anche se normalmente non lo sono.
È verso i 9 anni che questa fase ha generalmente termine ed un significativo ritardo nel suo superamento è tipico dei bambini con problemi intellettivi, va comunque sottolineato che l’età in cui scompare la trasparenza varia non soltanto in rapporto al livello mentale ma anche in relazione all’ambiente e agli insegnamenti degli adulti.
Proporzione e prospettiva vengono acquisite col tempo, man mano che il bambino cresce e la razionalità prende il sopravvento rendendo più realistici i rapporti tra le parti. Se permangono talune sproporzioni su alcuni temi, disegnati sempre uguali senza mai dare risalto a nulla in particolare, significa che la sua partecipazione emotiva a ciò che rappresenta è scarsa.
La parte valorizzata può differenziarsi non solo per le dimensioni, ma anche per la sua collocazione spaziale, che è quasi sempre centrale.
Più il bambino è piccolo e più le dimensioni globali dei disegni sono grandi; man mano che cresce, e il controllo dei movimenti aumenta, le dimensioni del disegno diminuiscono ed esso acquista compattezza. Non vi è nessuna correlazione tra dimensioni del disegno e intelligenza.
da: “Le tappe di sviluppo del disegno infantile” a cura di Grazia Pezzini, Psicologa
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