In Italia oltre un milione di persone soffre di balbuzie, dei quali più di 200mila sono ragazzi/e under 18. Sono invece più di 570mila i minori che presentano disturbi del linguaggio in età di sviluppo e 150mila i soggetti afasici.
Le persone affette da disturbi della voce e del linguaggio sono tre volte più soggetti al rischio di discriminazioni e bullismo rispetto ai loro coetanei.
In Italia oltre la metà dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni ha subito almeno un episodio offensivo, non rispettoso o violento da parte di altri ragazzi. In oltre il 6% dei casi la derisione è causata dall’aspetto fisico e/o dal modo di parlare. In media, soprattutto in età scolare, un soggetto con disturbi del linguaggio è soggetto al rischio di discriminazione con una percentuale del 30%, contro il 14% dei normo fluenti. Aumenta in questi soggetti il rischio di sviluppare in età adulta altri disturbi come: ansia dovuta all’interazione sociale, paura del giudizio altrui e minore soddisfazione in termini di qualità della vita.
Abbiamo fatto qualche domanda al Prof. Jubin Abutalebi – Neurologo specializzato in deficit cognitivi, Professore Associato di Neuropsicologia della Facoltà di Psicologia dell’Università Vita-Salute San Raffaele, dove dirige anche il Centro di Neurolinguistica e Psicolinguistica (CNPL). È direttore sanitario del Centro Medico Vivavoce, specializzato nella cura delle balbuzie.
Quali sono i principali disturbi del linguaggio nell’infanzia?
Nell’infanzia i principali disturbi del linguaggio comprendono i DSA (disturbi specifici dell’apprendimento), tra cui la dislessia e i disturbi specifici del linguaggio (SLI) che sono ritardi o imperfezioni che possono colpire gli aspetti morfo-sintattici del linguaggio o quelli fonologici, o entrambi. Poi c’è un grosso capitolo sulla balbuzie, che numericamente è il disturbo più importante nell’età dello sviluppo.
Questi disturbi sono classificati come disturbi del neuro-sviluppo. È importante specificare che in particolar modo la balbuzie non è un disturbo causato dall’ansia o da traumi infantili ma al contrario l’ansia e lo stress sono una conseguenza di questo disturbo. La balbuzie è infatti un disturbo dello sviluppo neurale, e questo si basa sugli ultimi studi con i metodi di neuro-imaging che permettono di paragonare cervelli di soggetti con questo disturbo con soggetti normo fluenti. Alla base c’è un disturbo dello sviluppo neurale, soprattutto in alcune aree del cervello che hanno la funzione del controllo motorio. Nei soggetti con questo disturbo c’è un presunto difetto di migrazione neurale, che non è arrivato alla piena maturazione.
Quando è necessario intervenire?
Nel caso della balbuzie la diagnosi viene fatta dai 3 ai 5 anni di età. C’è però un dato molto interessante, nell’88% dei casi entro i 7 anni di vita c’è una regressione spontanea, il disturbo quindi scompare senza la necessità di alcuna terapia. Nel 12% dei casi il disturbo rimane e questi sono i pazienti che solitamente vengono alla nostra osservazione. Questo di solito avviene dai primi anni di scuola primaria in poi.
Nei disturbi specifici del linguaggio, inclusa la dislessia, anche se si ha un sospetto nel primo anno di scuola primaria mediamente la diagnosi avviene dal secondo anno di scuola elementare in poi. È necessario attendere il primo anno di scuola primaria per capire se il disturbo è momentaneo e quindi può regredire spontaneamente con una maggiore padronanza del bambino/a nella lettura e della scrittura. È quindi dal secondo anno di scuola elementare che il paziente viene portato da uno specialista per la valutazione e la diagnosi ed è possibile partire subito con una terapia specifica che solitamente viene affidata a un logopedista.
Quali sono gli specialisti a cui rivolgersi e quali i principali trattamenti?
Il primo specialista a cui rivolgersi deve essere sicuramente uno psicologo specializzato nei disturbi dello sviluppo o un neuropsichiatra infantile che a loro volta portano la diagnosi da un logopedista esperto della materia o da un neuro-psicologo. Normalmente è un team multidisciplinare che si occupa dei trattamenti e che è formato da: neuropsichiatra infantile, psicologo, medico di medicina generale e da un logopedista. Questo accade anche nelle varie commissioni delle ASL che si occupano di fornire la diagnosi di invalidità per affidare un sostegno al paziente affetto da disturbi dello sviluppo e del linguaggio.
Abbiamo chiesto un parere anche alla dr.ssa Valentina Letorio – Psicologa, ex balbuziente. Svolge attività di coordinamento e supervisione dei progetti di ricerca realizzati in partnership con il Centro di Neuro e Psicolinguistica dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. È Responsabile Clinica Area Balbuzie del Centro Medico Vivavoce di Milano.
Può la balbuzie comparire all’improvviso?
L’esordio della balbuzie è un fattore altamente soggettivo: può essere graduale oppure improvviso. Tipicamente le prime avvisaglie tendono a comparire in età prescolare, con età media intorno ai 33 mesi di vita. Spesso, tuttavia, chi balbetta fa risalire i suoi primi ricordi legati alla balbuzie ad età più avanzate, come ad esempio le scuole medie: ciò può essere attribuito alla sporadicità di tali episodi nel passato o al ridotto impatto del disturbo in determinate fasi di vita.
L’ansia può causare la balbuzie?
Ansia e stress sono tra i fattori maggiormente correlati alla balbuzie, tuttavia, non ne costituiscono la causa ma una conseguenza. Chi balbetta infatti tende a percepire il blocco prima di parlare: è quindi comune provare ansia ancor prima di iniziare a esprimersi, ma ciò accade proprio perché si sa già con anticipo (e con precisione) dove e come ci si bloccherà nel discorso. L’ansia può fungere da “catalizzatore” della balbuzie, andando a slatentizzare più velocemente alcuni meccanismi che, altrimenti, emergerebbero più tardivamente e/o lentamente.
Quale supporto psicologico è necessario offrire a un bambino/a che soffre di disturbi del linguaggio ed è vittima di discriminazioni e bullismo?
È un dato dimostrato che i bambini che soffrono di DSL sono più soggetti ad episodi di bullismo e discriminazione rispetto ai pari ed è pertanto decisivo offrire supporto non solo al bambino stesso ma anche alla famiglia e al contesto in cui tali episodi si sono manifestati. È auspicabile un lavoro di rinforzo e validazione dei vissuti e delle emozioni del bambino congiunto ad iniziative di in(formazione) e sensibilizzazione all’interno dei contesti di vita più rilevanti per lui (famiglia, scuola, sport).
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