Fanno ben sperare le recenti terapie geniche per la beta talassemia, meglio nota come anemia mediterranea, la più frequente malattia ereditaria che colpisce circa il 7% della popolazione mondiale.

La patologia è causata da un’alterazione dei geni che producono l’emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi che trasporta ossigeno alle cellule ed elimina anidride carbonica, la cui carenza induce, sin dai primi mesi di vita, un’anemia cronica di gravità variabile trasfusione dipendente.
Ad ora, l’unica terapia risolutiva rimane il trapianto di midollo osseo o di cellule staminali da cordone ombelicale di donatori compatibili. Se non è possibile, la terapia d’elezione, che tuttavia non è risolutiva, sono le ripetute trasfusioni di sangue associate a terapia chelante per ridurre l’accumulo di ferro a carico di fegato, milza, cuore e ghiandole endocrine.
Ma la vera speranza di cancellare per sempre la malattia dal Dna di tutte le persone che convivono con la beta talassemia e dare l’addio a una routine di emo-trasfusioni ogni 3 settimane e terapia chelante quotidiana, sembra oggi essere invece una possibilità concreta.

Di recente è stato presentato a Stoccolma, al 23° Congresso dell’Associazione Europea di Ematologia, i dati della fase III di un importante studio multicentrico europeo sull’innovativa terapia genica LentiGlobin coordinato da Franco Locatelli, direttore del dipartimento oncoematologico dell’ospedale Bambin Gesù di Roma. I dati preliminari della fase I/II, durati 3 anni e con risultati più che soddisfacenti, sono già stati pubblicati sul New England Journal of Medicine.

«Risultati straordinari – commenta Locatelli, che ha già arruolato pazienti dai 12 ai 50 anni e avrà un’ulteriore estensione alla fase pediatrica -. Questo studio ha arruolato ad ora 11 pazienti con beta talassemia trasfusione-dipendente e genotipo beta-positivo, ovvero pazienti che hanno una minima produzione di  emoglobina, ma incompatibile con la vita. Tra gli 8 pazienti che hanno superato i 6 mesi di terapia genica LentiGlobin, 7 di essi sono arrivati a produrre una quantità di emoglobina tale da permettere loro di abbandonare le trasfusioni per oltre un anno. Una potenziale rivoluzione che cambia la prospettiva di sopravvivenza di queste persone, per le quali oggi l’unica alternativa alle ripetute trasfusioni è il trapianto di staminali ematopoietiche. Strada rischiosa e non sempre percorribile».
«In pratica – spiega Locatelli – tramite un vettore lentivirale, il gene Hbb “sano” della beta-globina (uno dei componenti dell’emoglobina che risulta mutato o assente nella malattia) viene veicolato ed introdotto dentro le cellule staminali ematopoietiche prelevate dal paziente, andando a sostituirsi a quello alterato. Una volta modificate le cellule vengono reinfuse».


L’altra novità, già in Italia da circa 1 anno, è la possibilità di fare Diagnosi Prenatale di beta talassemia sul DNA fetale estratto da sangue materno.
Ciò vuol dire che quando entrambi i genitori sono portatori sani della mutazione possono evitare di eseguire la villocentesi che, come noto, presenta un rischio di aborto. Il Test GeneSafe oltre alla beta talassamia, indaga altre malattie ereditarie: fibrosi cistica, anemia falciforme, sordità congenita più un gruppo di 44 malattie genetiche rare “de novo”, in quanto non ereditarie e spesso associate ad età paterna avanzata.

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