Se un bambino ha difficoltà a regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente, ha difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività, allora potrebbe avere un Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività, o ADHD, che è un disturbo neuroevolutivo dell’autocontrollo.
È bene precisare che l’ADHD non è una normale fase di crescita che ogni bambino deve superare, non è nemmeno il risultato di una disciplina educativa inefficace. L’ADHD è un vero problema, per l’individuo stesso, per la famiglia e per la scuola e spesso rappresenta un ostacolo nel conseguimento degli obiettivi personali. È un problema che genera sconforto e stress nei genitori e negli insegnanti, i quali si trovano impreparati nella gestione del comportamento del bambino.
Sicuramente i genitori sono abituati a vedere come le altre persone reagiscono al comportamento del bambino iperattivo: all’inizio, gli estranei tendono ad ignorare il comportamento irrequieto, le frequenti interruzioni durante i discorsi degli adulti e l’infrazione alle comuni regole sociali.
Di fronte alle ripetute manifestazioni dell’assenza di controllo comportamentale del bambino, queste persone tentano di porre loro stesse un freno all’eccessiva “esuberanza”, non riuscendoci, concludono che il bambino sia intenzionalmente maleducato e distruttivo.
Forse i genitori sono anche abituati alle conclusioni a cui gli estranei giungono, come ad esempio: «I problemi di quel bambino sono dovuti al modo in cui è stato educato; sarebbe necessaria una maggiore disciplina, maggiori limitazioni e anche qualche bella punizione. I suoi genitori spesso sono definiti come incapaci, incuranti, eccessivamente tolleranti e permissivi, e quel bambino è il frutto della loro inefficienza». È necessario che tutte le persone, che interagiscono con i bambini con ADHD, sappiano vedere e capire le motivazioni delle manifestazioni comportamentali di questi ragazzini, mettendo da parte le assurde e ingiustificate spiegazioni volte ad accusare e ferire i loro genitori, già tanto preoccupati e stressati per questa situazione.
Bisogna ricordare, inoltre, che tutti i bambini con ADHD hanno prestazioni scolastiche al di sotto delle attese e che la metà di essi ha anche un Disturbo Specifico di Apprendimento (tipo dislessia): questo comporta frustrazioni importanti in ambente scolastico ed extra-scolastico (compiti pomeridiani). Non è quindi difficile intuire le possibili problematiche d’ansia e depressione spesso associate.
Cosa si può fare? Innanzitutto è necessario scoprire se il bambino a cui state pensando, abbia veramente un ADHD oppure se sia semplicemente irrequieto e con la testa tra le nuvole.
Esclusivamente uno specialista dell’età evolutiva (uno psicologo o un neuropsichiatra infantile), può decidere se quel bambino presenta o meno un ADHD, intercettandone la gravità, l’eventuale associazione ad altri disturbi e rintracciando le linee di intervento più adeguate. Una volta accertata la condizione di ADHD, solitamente si ritiene opportuno lavorare su più fronti: sul contesto cercando di migliorare le strategie psico-educative che adottano genitori, insegnanti, tutor, allenatori, etc.; sul bambino cercando di insegnargli strategie personali di gestione del comportamento e degli effetti secondari che esso comporta (di solito attraverso una terapia ad orientamento cognitivo-comportamentale); per i casi più gravi risulta altresì possibile una terapia farmacologica.
In collaborazione con www.aidaiassociazione.com
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