Un bambino con gli occhi ancora socchiusi e la giacca abbottonata approssimativamente, una bimba che arranca per stare al passo della madre e un’altra ancora che, se fossimo nel periodo natalizio, potrebbe essere scambiata per un pandoro tanto i vestiti sono pieni zeppi di zucchero a velo. Le brioches mangiate durante il tragitto non perdonano. Una macchina nera ultimo modello si arresta bruscamente di fronte al cancello. La portiera si apre, spuntano due piedini e rapidamente il loro “proprietario”. Una voce proveniente dell’abitacolo incita il bambino a muoversi con maggiore rapidità. Non è l’incipit di un romanzo, ma la storia di molti bambini e bambine di oggi. Trascinati letteralmente fuori dal letto, caricati e scaricati da un luogo all’altro come fossero pacchi postali. Impegnati nei compiti, nel corso di chitarra, nuoto, scacchi e danza. Il detto “l’importante è partecipare” non esiste più: sempre presenti, in tutte le attività, e sempre in prima fila per essere ammirati, elogiati, imitati e invidiati. Perché non è concepibile che prendano un voto uguale o inferiore a sei, che non abbiano la parte del protagonista nella recita di fine anno, che non vincano il primo premio nel torneo locale di tennis.
Bambini abituati a correre a destra e sinistra tutto il giorno come possono vivere con serenità la loro infanzia? In questo mondo frenetico e caotico esiste ancora la tranquillità?
La nostra società si è trasformata in una moderna Pompei. Ansia da prestazione, arrivismo e ambizione hanno preso il posto della lava che aveva pietrificato un’intera cittadina. Fagocitati da mille attività e impegni non resta il tempo di prendersi una pausa, pensare a se stessi, riflettere su ciò che si sta facendo e annoiarsi. La noia, che bella parola! Lungi dall’essere un aspetto negativo dell’esistenza, come molti potrebbero pensare, la noia è fautrice di creatività, permette di immaginarsi nuovi orizzonti e prospettive inattese. Tuttavia oggi i bambini non sanno più annoiarsi perchè non hanno il tempo per farlo. I bambini non sanno più gioire dei successi perché impegnati a dispiacersi degli insuccessi. I bambini non sanno più fare i bambini perché “addestrati” per essere piccoli adulti, vincenti of course.
La pedagogia, in quanto disciplina centrata sull’individuo e sulla sua unicità, non fornisce ricette preconfezionate da seguire pedissequamente; tuttavia, ciò che a nostro parere deve guidare i genitori nel loro, non sempre facile percorso educativo, è l’idea che i bambini devono essere lasciati liberi di agire, di dire, di sperimentare, di fare ciò che gli piace e, a volte, di sbagliare.
Ognuno ha, infatti, delle potenzialità e abilità che possono essere rintracciate dentro di sé e che, nel momento giusto, prenderanno forma.
Il compito delle figure educative è aiutare a far emergere queste abilità, non attribuendole arbitrariamente, sovrapponendo i propri sogni e desideri a quelli del piccolo che hanno accanto. Per questo, gli adulti dovrebbero fare lo sforzo di ripensare alla loro infanzia, con l’accortezza di non prendere i bambini che loro stessi sono stati come modello, ma semplicemente vivendo questo viaggio a ritroso come occasione di riflessione per capire e rispettare tempi ed esigenze dei piccoli.
Perché come ci ricorda Antoine de Saint-Exupéry: “Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi se ne ricordano”.

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