Il lungo viaggio dell’adozione tra burocrazia, numeri in calo e nuovi bisogni
Come ogni anno la CAI – Commissione adozioni Internazionali – ha redatto il rapporto che mostra lo stato di salute delle adozioni internazionali in Italia. Un rapporto che andrebbe letto non solo dalle famiglie che intendono adottare o dagli enti intermediari tra Italia e paesi stranieri, ma da tutti i professionisti che ruotano attorno alle famiglie adottive, per un giusto approccio al bambino nella scuola e negli ambulatori pediatrici, solo per fare un esempio.
Il rapporto della CAI 2024, una leggera ripresa delle procedure adottive
Nel 2024 i dati raccolti dalla CAI mostrano un leggero aumento nel numero complessivo di procedure adottive concluse rispetto all’anno precedente. Questo dato positivo è emerso nonostante il calo nelle adozioni di minorenni provenienti dall’India, storicamente uno dei Paesi più significativi per le adozioni internazionali in Italia.
Sono da ricordare tra i segnali più rilevanti dell’anno: la crescita costante di adozioni da Ungheria e Colombia, confermando una tendenza positiva già in atto e la ripresa significativa delle adozioni da Brasile e Sierra Leone, con quest’ultima che, dopo l’avvio della collaborazione con l’Italia solo in tempi recenti, sta mostrando un costante aumento.
Questi risultati sono il frutto della collaborazione continua e costruttiva tra la CAI, le Autorità Centrali dei Paesi di origine dei minori e gli Enti Autorizzati. Un impegno condiviso che mira a garantire a tanti bambini il diritto a una famiglia e a offrire a molte coppie italiane l’opportunità di realizzare il proprio progetto adottivo – (Fonte CAI).
Le ragioni dei numeri bassi
Sono numerosi i fattori che negli ultimi anni hanno causato un calo delle adozioni internazionali.
a) La grave condizione di instabilità economica e quindi sociale, culturale e sanitaria, di alcuni Paesi a causa di conflitti e/o disastri naturali come carestie o alluvioni. Di conseguenza, le pratiche di adozione non sono mai state terminate.
b) Un altro elemento che ha influenzato la riduzione delle adozioni internazionali è la tipologia di minori, sempre più grandi e con bisogni speciali (special needs), di carattere sia clinico che psicologico, a cui non sempre i genitori adottivi sono preparati.
c) Un ulteriore motivo è legato alla lunga procedura burocratica dell’adozione. Molte famiglie credono che adottare un bambino da un Paese straniero implichi troppo tempo, fatica e denaro.
d) Infine, ma non da ultimo, la preferenza di avvicinarsi alla procreazione medicalmente assistita.
e) Le lacune post adozione quando spesso le famiglie si trovano da sole ad affrontare le specificità che l’adozione comporta nella relazione con bambino, famiglia allargata, scuola e società. Il mondo del volontariato si è attrezzato e sul territorio nazionale sono nate tante associazioni spontanee che supportano le famiglie adottive nello svolgimento del loro compito. Incontri di mutuo aiuto o percorsi personalizzati sono una risorsa per chi non sa a chi rivolgersi. Ma serve molto di più.
Collaborazione tra famiglie, associazioni, professionisti e istituzioni
Protendere verso un aumento del numero delle adozioni internazionali è un obiettivo di non semplice risoluzione. Esso deve tener conto, infatti, non solo di interventi nel nostro Paese, ma anche nei Paesi di origine (compito specifico delle istituzioni governative). Un’attenzione particolare va al post adozione, come affermato anche da Vincenzo Starita, il vicepresidente del CAI. Starita, in occasione della giornata formativa organizzata di recente a Milano da ItaliaAdozioni e il Gruppo di Lavoro Nazionale per il Bambino Migrante – SIP (Società Italiana di Pediatria), conferma la crescente necessità di garantire un supporto post-adottivo, dapprima attraverso l’informazione e la formazione dei genitori da parte di figure competenti, a loro volta istruite ad hoc per assisterli (compito delle Università); non secondaria, poi, l’importanza di una valutazione tempestiva ed accurata dello stato di salute fisica e psicologica dei minori al loro arrivo in Italia (compito di professionisti del SSN o privati), con un accompagnamento continuo e competente da parte dei Servizi Sociali.
Come sopra detto, una delle complessità dell’attuale adozione internazionale è l’aumento dei bambini con bisogni speciali, intendendo: minori di età superiore ai 7 anni, più fratelli, bambini/ragazzi con problemi comportamentali legati a traumi, abusi, maltrattamenti, oltre che minori con disabilità fisiche o mentali. La necessità di un solido supporto post-adozione diventa ancora più pressante considerando l’età media crescente delle coppie che si avvicinano all’adozione. Trovandosi a stravolgere abitudini consolidate in una fase avanzata della vita e con energie potenzialmente ridotte, queste famiglie possono faticare a gestire l’impatto di un cambiamento così radicale. In queste situazioni, il ruolo di mediatori familiari, psicologi e assistenti sociali è fondamentale per aiutarli a navigare quello che può sembrare un vero e proprio “tsunami”.
Affinché ciò avvenga, quindi, è fondamentale creare una rete multi professionale di supporto, che coinvolga professionisti dell’infanzia, pediatri, psicologi, assistenti sociali, avvocati, giudici che, collaborando insieme ogni giorno, possano supportare le famiglie adottive e i minori stranieri nell’intenso percorso di adozione internazionale.