L’allattamento al seno è un’opera di Sanità Pubblica e secondo l’OMS l’allattamento esclusivo dovrebbe protrarsi per almeno i primi 6 mesi di vita del neonato.

Sia l’OMS che l’UNICEF raccomandano che per ottimizzare i benefici sia per le madri che per i bambini, l’allattamento al seno debba iniziare entro 1 ora dalla nascita; che i bambini siano allattati esclusivamente al seno per i primi 6 mesi di vita; e l’allattamento al seno dovrebbe essere continuato (per 2 anni o più) mentre vengono introdotti alimenti complementari.[1]
Il completo sviluppo della ghiandola mammaria si realizza durante la gravidanza, grazie al milieu endocrino che si possiede in quest’epoca, in particolare grazie agli estrogeni e al progesterone prodotti dalla placenta. Al termine della gravidanza la mammella è pronta per espletare la sua funzione principale: l’allattamento.

Le “fasi” del latte materno

È importante far comprendere il concetto del “più il bambino si attacca e più latte verrà prodotto”. Nel latte materno, infatti, è presente una proteina chiamata FIL (fattore inibente la lattazione), prodotta dalle ghiandole mammarie (specificatamente dai lattociti).
Più il seno è pieno e maggiore sarà l’azione inibitoria esplicata da parte del FIL sulla produzione
del latte. Quando la mammella è troppo piena il FIL fa diminuire la produzione di latte.
Solamente la rimozione del latte grazie a delle poppate efficaci e frequenti, altrimenti attraverso l’estrazione manuale, può ripristinarne la produzione.
Tutti gli interferenti come ad esempio il ciuccio, il latte artificiale, l’allattamento ad orario, riducono
la produzione di latte.
Per i primi 2-3 giorni la madre osserverà delle gocce dal colorito giallastro, il colostro, essenziale per il corretto sviluppo neonatale. Povero in grassi ma ricco di carboidrati, proteine e anticorpi, il colostro è altresì importante per la protezione del neonato da agenti patogeni potenzialmente infettivi.Infatti le IgA-S, specifici anticorpi contenuti nel colostro, andranno a rivestire l’intestino del neonato così da rappresentare la prima difesa contro virus e batteri patogeni.

Nei 2-3 giorni successivi al colostro la mamma potrà osservare modificazioni nel proprio latte. Ci si troverà difronte al “latte di transizione”, per poi diventare, dopo la montata lattea (rappresentata da seno teso, pieno e caldo), latte maturo.

Latte maturo che, sfatando qualche mito, non diventa acqua con il passare del tempo!

Allattare al seno per 1 o anche 2 anni non fa “diventare acqua” questo splendido alimento bensì semplicemente si adegua al fabbisogno calorico del bambino. Può diventare meno nutritivo in quanto successivamente allo svezzamento il bambino si attaccherà meno per mangiare e magari più per una questione puramente affettiva (il bambino può infatti prende come “coccola pre-nanna” il seno materno).

Perchè, come detto inizialmente, l’allattamento al seno è un’opera di Sanità Pubblica?

Sono serviti centinaia di studi scientifici per documentare che un’immotivata sostituzione del latte materno con quello artificiale non reca benefici, ma viceversa può compromettere lo stato di salute del bambino (e della madre), come mostrato in Tabella 1.

tabella allattamento

 In tabella: Rischi per la salute del bambino associati a mancato allattamento al seno (adattato da US Department of Health and Human Services. The Surgeon General’s call to action to support breastfeeding. Washington, DC: US. Department of Health and Human Services. Office of the Surgeon General, 2011).

Con questo non si vuole demonizzare il latte artificiale né tantomeno far sentire “meno mamma” una donna che per proprie motivazioni non può/non vuole allattare. L’intento è invece quello di far comprendere appieno i benefici del latte materno e dell’allattamento al seno.

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista materno, sono diversi.
Tra questi è mandatorio ricordare:[2]

– riduzione delle perdite ematiche vaginali e minor incidenza di emorragia post partum (nell’immediato post partum e non);
– recupero più rapido del peso pre-gravidico: circa 500 Kcal/giorno sono destinate all’allattamento;
– effetto anti-depressivo [3];
– riduzione temporanea della fertilità ( non paragonabile certamente ad un contraccettivo, infatti pur se le poppate sono frequenti, prolungate e anche notturne si consiglia l’utilizzo del condom o di una minipillola con solo progestinico);
– riduzione del rischio di osteoporosi senile;
– riduzione del rischio di tumore al seno di circa il 4% per ogni anno che si ha allattato [4] e rischio di tumore all’ovaio ridotto del circa 24% [5];

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista del bambino, includono:

– riduzione del 64% delle infezioni gastro-intestinali;
– riduzione del rischio per il neonato di incorrere in infezioni del tratto respiratorio e otite media;
– riduzione della percentuale di ospedalizzazioni nel 1° anno di vita del bambino;
– riduzione del 40% della probabilità che il bambino in età adulta sviluppi il diabete mellito di tipo 2 (grazie all’assenza nel latte materno della beta-lattoglobulina, invece presente nel latte vaccino);
– riduzione del rischio di SIDS del 36% ( Sudden Infant Death Syndrome – morte in culla).

In ultimo, per concludere, bisogna parlare dei vantaggi socio-economici, i quali non rientrano prettamente negli aspetti clinici però la famiglia e la comunità ne trae grandi benefici, tra cui:

– risparmio sull’acquisto di sostituti del latte materno e di altre attrezzature per nutrire il neonato;
– promuovendo lo stato di salute materno-infantile, si riducono gli episodi patologici e di conseguenza si riducono i costi sanitari;
– riducendosi gli episodi patologici neonatali, si riducono le assenze al lavoro dovute a questi ultimi;
– riduzione della necessità di utilizzare, a livello industriale, imballaggi e scatole per la preparazione del latte artificiale e quindi di conseguenza una minor spesa per i rifiuti e la produzione energetica.

Bisogna quindi affermare che l’allattamento al seno è un’opera di Sanità Pubblica.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] UNICEF Nutrition. Breastfeeding. http://www.unicef.org/nutrition/index_24824.html. Accessed November 10, 2015.
[2] Sharma AJ, Dee DL, Harden SM. Adherence to breastfeeding guidelines and maternal weight 6 years
after delivery. Pediatrics. 2014;134(suppl 1):S42-S49.
[3] Mohamad Yusuff AS, Tang L, Binns CW, Lee AH. Prevalence and risk factors for postnatal depression
in Sabah, Malaysia: a cohort study. Women Birth. 2015;28:25-29.
[4] Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. Breast cancer and breastfeeding: collaborative reanalysis of individual data from 47 epidemiological studies in 30 countries, including 50302 women with breast cancer and 96973 women without the disease. Lancet. 2002 Jul 20;360(9328):187-95.
[5] Luan NN, Wu QJ, Gong TT, Vogtmann E, Wang YL, Lin B. Breastfeeding and ovarian cancer risk: a meta- analysis of epidemiologic studies. Am J Clin Nutr. 2013 Oct;98(4):1020-31. doi: 10.3945/ajcn.113.062794. Epub 2013 Aug 21
[6] Gargano LM, Hughes JM. Microbial origins of chronic diseases. Ann Rev Public Health. 2014;35: 65-82.

 In tabella: Rischi per la salute del bambino associati a mancato allattamento al seno (adattato da US Department of Health and Human Services. The Surgeon General’s call to action to support breastfeeding. Washington, DC: US. Department of Health and Human Services. Office of the Surgeon General, 2011).

Con questo non si vuole demonizzare il latte artificiale né tantomeno far sentire “meno mamma” una donna che per proprie motivazioni non può/non vuole allattare. L’intento è invece quello di far comprendere appieno i benefici del latte materno e dell’allattamento al seno.

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista materno, sono diversi.
Tra questi è mandatorio ricordare:

– riduzione delle perdite ematiche vaginali e minor incidenza di emorragia post partum (nell’immediato post partum e non);
– recupero più rapido del peso pre-gravidico: circa 500 Kcal/giorno sono destinate all’allattamento;
– effetto anti-depressivo;
– riduzione temporanea della fertilità ( non paragonabile certamente ad un contraccettivo, infatti pur se le poppate sono frequenti, prolungate e anche notturne si consiglia l’utilizzo del condom o di una minipillola con solo progestinico);
– riduzione del rischio di osteoporosi senile;
– riduzione del rischio di tumore al seno di circa il 4% per ogni anno che si ha allattato [1] e rischio di tumore all’ovaio ridotto del circa 24% [2];

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista del bambino, includono:

– riduzione del 64% delle infezioni gastro-intestinali;
– riduzione del rischio per il neonato di incorrere in infezioni del tratto respiratorio e otite media;
– riduzione della percentuale di ospedalizzazioni nel 1° anno di vita del bambino;
– riduzione del 40% della probabilità che il bambino in età adulta sviluppi il diabete mellito di tipo 2 (grazie all’assenza nel latte materno della beta-lattoglobulina, invece presente nel latte vaccino);
– riduzione del rischio di SIDS del 36% ( Sudden Infant Death Syndrome – morte in culla).

In ultimo, per concludere, bisogna parlare dei vantaggi socio-economici, i quali non rientrano prettamente negli aspetti clinici però la famiglia e la comunità ne trae grandi benefici, tra cui:

– risparmio sull’acquisto di sostituti del latte materno e di altre attrezzature per nutrire il neonato;
– promuovendo lo stato di salute materno-infantile, si riducono gli episodi patologici e di conseguenza si riducono i costi sanitari;
– riducendosi gli episodi patologici neonatali, si riducono le assenze al lavoro dovute a questi ultimi;
– riduzione della necessità di utilizzare, a livello industriale, imballaggi e scatole per la preparazione del latte artificiale e quindi di conseguenza una minor spesa per i rifiuti e la produzione energetica.

Bisogna quindi affermare che l’allattamento al seno è un’opera di Sanità Pubblica.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] UNICEF Nutrition. Breastfeeding. http://www.unicef.org/nutrition/index_24824.html. Accessed November 10, 2015.
[2] Sharma AJ, Dee DL, Harden SM. Adherence to breastfeeding guidelines and maternal weight 6 years
after delivery. Pediatrics. 2014;134(suppl 1):S42-S49.
[3] Mohamad Yusuff AS, Tang L, Binns CW, Lee AH. Prevalence and risk factors for postnatal depression
in Sabah, Malaysia: a cohort study. Women Birth. 2015;28:25-29.
[4] Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. Breast cancer and breastfeeding: collaborative reanalysis of individual data from 47 epidemiological studies in 30 countries, including 50302 women with breast cancer and 96973 women without the disease. Lancet. 2002 Jul 20;360(9328):187-95.
[5] Luan NN, Wu QJ, Gong TT, Vogtmann E, Wang YL, Lin B. Breastfeeding and ovarian cancer risk: a meta- analysis of epidemiologic studies. Am J Clin Nutr. 2013 Oct;98(4):1020-31. doi: 10.3945/ajcn.113.062794. Epub 2013 Aug 21
[6] Gargano LM, Hughes JM. Microbial origins of chronic diseases. Ann Rev Public Health. 2014;35: 65-82.

 In tabella: Rischi per la salute del bambino associati a mancato allattamento al seno (adattato da US Department of Health and Human Services. The Surgeon General’s call to action to support breastfeeding. Washington, DC: US. Department of Health and Human Services. Office of the Surgeon General, 2011).

Con questo non si vuole demonizzare il latte artificiale né tantomeno far sentire “meno mamma” una donna che per proprie motivazioni non può/non vuole allattare. L’intento è invece quello di far comprendere appieno i benefici del latte materno e dell’allattamento al seno.

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista materno, sono diversi.
Tra questi è mandatorio ricordare:

– riduzione delle perdite ematiche vaginali e minor incidenza di emorragia post partum (nell’immediato post partum e non);
– recupero più rapido del peso pre-gravidico: circa 500 Kcal/giorno sono destinate all’allattamento;
– effetto anti-depressivo;
– riduzione temporanea della fertilità ( non paragonabile certamente ad un contraccettivo, infatti pur se le poppate sono frequenti, prolungate e anche notturne si consiglia l’utilizzo del condom o di una minipillola con solo progestinico);
– riduzione del rischio di osteoporosi senile;
– riduzione del rischio di tumore al seno di circa il 4% per ogni anno che si ha allattato [1] e rischio di tumore all’ovaio ridotto del circa 24% [2];

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista del bambino, includono:

– riduzione del 64% delle infezioni gastro-intestinali;
– riduzione del rischio per il neonato di incorrere in infezioni del tratto respiratorio e otite media;
– riduzione della percentuale di ospedalizzazioni nel 1° anno di vita del bambino;
– riduzione del 40% della probabilità che il bambino in età adulta sviluppi il diabete mellito di tipo 2 (grazie all’assenza nel latte materno della beta-lattoglobulina, invece presente nel latte vaccino);
– riduzione del rischio di SIDS del 36% ( Sudden Infant Death Syndrome – morte in culla).

In ultimo, per concludere, bisogna parlare dei vantaggi socio-economici, i quali non rientrano prettamente negli aspetti clinici però la famiglia e la comunità ne trae grandi benefici, tra cui:

– risparmio sull’acquisto di sostituti del latte materno e di altre attrezzature per nutrire il neonato;
– promuovendo lo stato di salute materno-infantile, si riducono gli episodi patologici e di conseguenza si riducono i costi sanitari;
– riducendosi gli episodi patologici neonatali, si riducono le assenze al lavoro dovute a questi ultimi;
– riduzione della necessità di utilizzare, a livello industriale, imballaggi e scatole per la preparazione del latte artificiale e quindi di conseguenza una minor spesa per i rifiuti e la produzione energetica.

Bisogna quindi affermare che l’allattamento al seno è un’opera di Sanità Pubblica.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] UNICEF Nutrition. Breastfeeding. http://www.unicef.org/nutrition/index_24824.html. Accessed November 10, 2015.
[2] Sharma AJ, Dee DL, Harden SM. Adherence to breastfeeding guidelines and maternal weight 6 years
after delivery. Pediatrics. 2014;134(suppl 1):S42-S49.
[3] Mohamad Yusuff AS, Tang L, Binns CW, Lee AH. Prevalence and risk factors for postnatal depression
in Sabah, Malaysia: a cohort study. Women Birth. 2015;28:25-29.
[4] Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. Breast cancer and breastfeeding: collaborative reanalysis of individual data from 47 epidemiological studies in 30 countries, including 50302 women with breast cancer and 96973 women without the disease. Lancet. 2002 Jul 20;360(9328):187-95.
[5] Luan NN, Wu QJ, Gong TT, Vogtmann E, Wang YL, Lin B. Breastfeeding and ovarian cancer risk: a meta- analysis of epidemiologic studies. Am J Clin Nutr. 2013 Oct;98(4):1020-31. doi: 10.3945/ajcn.113.062794. Epub 2013 Aug 21
[6] Gargano LM, Hughes JM. Microbial origins of chronic diseases. Ann Rev Public Health. 2014;35: 65-82.

 In tabella: Rischi per la salute del bambino associati a mancato allattamento al seno (adattato da US Department of Health and Human Services. The Surgeon General’s call to action to support breastfeeding. Washington, DC: US. Department of Health and Human Services. Office of the Surgeon General, 2011).

Con questo non si vuole demonizzare il latte artificiale né tantomeno far sentire “meno mamma” una donna che per proprie motivazioni non può/non vuole allattare. L’intento è invece quello di far comprendere appieno i benefici del latte materno e dell’allattamento al seno.

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista materno, sono diversi.
Tra questi è mandatorio ricordare:

– riduzione delle perdite ematiche vaginali e minor incidenza di emorragia post partum (nell’immediato post partum e non);
– recupero più rapido del peso pre-gravidico: circa 500 Kcal/giorno sono destinate all’allattamento;
– effetto anti-depressivo;
– riduzione temporanea della fertilità ( non paragonabile certamente ad un contraccettivo, infatti pur se le poppate sono frequenti, prolungate e anche notturne si consiglia l’utilizzo del condom o di una minipillola con solo progestinico);
– riduzione del rischio di osteoporosi senile;
– riduzione del rischio di tumore al seno di circa il 4% per ogni anno che si ha allattato [1] e rischio di tumore all’ovaio ridotto del circa 24% [2];

I vantaggi dell’allattamento al seno, sotto il punto di vista del bambino, includono:

– riduzione del 64% delle infezioni gastro-intestinali;
– riduzione del rischio per il neonato di incorrere in infezioni del tratto respiratorio e otite media;
– riduzione della percentuale di ospedalizzazioni nel 1° anno di vita del bambino;
– riduzione del 40% della probabilità che il bambino in età adulta sviluppi il diabete mellito di tipo 2 (grazie all’assenza nel latte materno della beta-lattoglobulina, invece presente nel latte vaccino);
– riduzione del rischio di SIDS del 36% ( Sudden Infant Death Syndrome – morte in culla).

In ultimo, per concludere, bisogna parlare dei vantaggi socio-economici, i quali non rientrano prettamente negli aspetti clinici però la famiglia e la comunità ne trae grandi benefici, tra cui:

– risparmio sull’acquisto di sostituti del latte materno e di altre attrezzature per nutrire il neonato;
– promuovendo lo stato di salute materno-infantile, si riducono gli episodi patologici e di conseguenza si riducono i costi sanitari;
– riducendosi gli episodi patologici neonatali, si riducono le assenze al lavoro dovute a questi ultimi;
– riduzione della necessità di utilizzare, a livello industriale, imballaggi e scatole per la preparazione del latte artificiale e quindi di conseguenza una minor spesa per i rifiuti e la produzione energetica.

Bisogna quindi affermare che l’allattamento al seno è un’opera di Sanità Pubblica.

 

BIBLIOGRAFIA

[1] UNICEF Nutrition. Breastfeeding. http://www.unicef.org/nutrition/index_24824.html. Accessed November 10, 2015.
[2] Sharma AJ, Dee DL, Harden SM. Adherence to breastfeeding guidelines and maternal weight 6 years
after delivery. Pediatrics. 2014;134(suppl 1):S42-S49.
[3] Mohamad Yusuff AS, Tang L, Binns CW, Lee AH. Prevalence and risk factors for postnatal depression
in Sabah, Malaysia: a cohort study. Women Birth. 2015;28:25-29.
[4] Collaborative Group on Hormonal Factors in Breast Cancer. Breast cancer and breastfeeding: collaborative reanalysis of individual data from 47 epidemiological studies in 30 countries, including 50302 women with breast cancer and 96973 women without the disease. Lancet. 2002 Jul 20;360(9328):187-95.
[5] Luan NN, Wu QJ, Gong TT, Vogtmann E, Wang YL, Lin B. Breastfeeding and ovarian cancer risk: a meta- analysis of epidemiologic studies. Am J Clin Nutr. 2013 Oct;98(4):1020-31. doi: 10.3945/ajcn.113.062794. Epub 2013 Aug 21
[6] Gargano LM, Hughes JM. Microbial origins of chronic diseases. Ann Rev Public Health. 2014;35: 65-82.