“Solo se un bambino ha sperimentato abbastanza la sicurezza sempre uguale e costante, ripetuta nel tempo prevedibile e certa come le onde del mare o la stella polare, riuscirà a sentirsi sicuro anche davanti all’incertezza dei cambiamenti” (Alba Marcoli).
Quotidianamente i mass media parlano di violenza domestica, pochi, però, a livello socio-culturale ed istituzionale mettono in evidenza il dramma che colpisce gli adulti mentre sullo sfondo o in penombra resta quello dell’infanzia. L’immagine che si ha è di un bambino che chiude gli occhi, si tappa le orecchie e si nasconde per proteggersi, ma purtroppo invisibile al mondo degli adulti, che presi dalla loro conflittualità non prestano attenzione alle necessità del figlio, che viene coinvolto nelle relazioni distorte fra i genitori.
I genitori sono scarsamente coscienti delle implicazioni che la violenza domestica ha sui figli ed hanno una percezione irrealistica rispetto a quanto i figli vedono, sentono e percepiscono.
Parliamo di violenza assistita intrafamiliare. Essa viene definita dal CISMAI (Coordinamento italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’abuso all’infanzia) come “il fare esperienza da parte dei bambini di qualsiasi forma di maltrattamento compiuta su figure di riferimento e affettivamente significative”.
Non ci sono segni fisici, ma i suoi effetti sono devastanti sul loro sviluppo fisico, cognitivo e comportamentale. Può essere:
– diretta quando i figli assistono direttamente alle forme di abuso;
– indiretta quando sono a conoscenza di tali situazioni senza assistere.
Differenti sono le forme di violenza come: fisica (botte, spinte, schiaffi diretti da un genitore verso l’altro); verbale (minacce, intimidazioni); psicologica tramite ricatti affettivi, indifferenza, svalutazione, denigrazione; sessuale; economica, realizzata tramite l’impossibilità di accedere a conti bancari, di disposizione di denaro.
I bambini, così, diventano testimoni di un conflitto che non li riguarda, incassano tutta l’ostilità destinata all’altro genitore. In loro prevale un vuoto fatto di privazioni affettive e vessazioni e non una famiglia in cui trovare amore e sostegno.
La violenza assistita provoca un intorpidimento emotivo. Convivono con paura, rabbia, ostilità angoscia, sensi di colpa, insicurezza; non si sentono mai al sicuro, ma impotenti e spesso responsabili degli scontri. Sono tenuti a mantenere il segreto della famiglia.
Il bambino, inoltre, sperimenta anche una distorsione delle relazioni familiari improntate sulla sopraffazione e sul potere. La paura diventa un’emozione costante nell’esperienza del bambino che viene completamente coinvolto, mettendolo in uno stato di allerta e di ansia, a tal punto da diventare totalizzante e occupare la sua mente anche quando non è in famiglia. Può provocare anche disturbi del comportamento tra cui l’isolamento, la depressione, l’impulsività, l’aggressività, difficoltà di relazioni, ripetizione di comportamenti violenti e l’incapacità ad avere fiducia non solo in se stessi ma anche nelle figure adulte ed in futuro nella società.
Cari genitori, non litigate, non fate la guerra! Se avete problemi non usate la violenza, ma dialogate senza prevaricare l’uno sull’altro. Cercate di comprendere che i figli hanno il diritto di vivere in un contesto sano, armonioso e non lesivo del loro sviluppo psico-emotivo.
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