Per quanto se ne parli poco, di balbuzie sono affetti milioni di persone nel mondo. Nel 75% dei casi il disturbo insorge tra i 2 e i 4 anni e solo in rari casi può manifestarsi in età adulta a seguito di eventi neurologici. Il bimbo che balbetta è ben conscio delle sue difficoltà di comunicazione verbale, una consapevolezza che spesso influisce sullo svolgimento delle attività quotidiane e sulle relazioni interpersonali con il rischio di isolamento sociale.
Anche i progetti futuri, come intraprendere professioni che di per sé implicano la necessità di colloqui fluenti, come fare l’avvocato o il medico, vengono elaborati con difficoltà. E comunque ancora oggi nel bando di molti concorsi pubblici il balbettare è a priori motivo di esclusione.
In primis esiste un disturbo della fonazione e del flusso verbale per cui il bimbo, pur sapendo con precisione ciò che vorrebbe dire, non riesce a verbalizzare il suo pensiero a causa di involontari arresti, ripetizioni o prolungamenti di suoni, sillabe, parole o frasi. Questo stato di cose comporta una tensione emotiva che si sviluppa sia prima che durante e dopo l’incidente verbale.
La balbuzie non è mai un sintomo di ansia. Non è l’ansia a causare la balbuzie ma il contrario.
La paura di balbettare e fare brutta figura crea ansia anticipatoria che aumenta e si trasforma in ansia da prestazione per il timore di non riuscire a mantenere il controllo del discorso mentre si parla. A seguire l’ansia diventa senso di frustrazione per aver balbettato e alla lunga si manifesta un’ansia sociale in alcuni contesti con conseguente isolamento e perdita dell’autostima. Nel tempo, però, il bimbo sviluppa stratagemmi di difesa: distoglie gli occhi da quelli del suo interlocutore, batte le palpebre, picchietta con le mani, intercala suoni o parole del tipo ‘uhm, ah, cioè’ e rifugge da persone e situazioni che ritiene più pericolose.
La severità della balbuzie è spesso incostante anche per i balbuzienti più gravi. La fluenza verbale aumenta se parlano all’unisono con altre persone, imitano il parlare di altri, sussurrano, cantano, recitano e se parlano agli animali, ai bambini più piccoli o da soli. Parlare in pubblico o al telefono provoca invece un aumento del balbettare. Questi aspetti smentiscono che di base sia un disturbo ereditario.
Essendo un sintomo di confine tra l’aspetto psicologico e logopedico, non si risolve in poco tempo. La terapia è multidisciplinare e la prognosi è tanto migliore quanto prima inizia, infatti può essere eseguita anche in età molto precoce. “La balbuzie col tempo passerà” o “anche il fratello balbettava, aspettiamo” sono approcci senza fondamento da parte di genitori, insegnanti o addirittura medici.
Il tempo non solo non cura la balbuzie, ma trascorrendo radica disagio e sfiducia sia in sé che verso il mondo esterno. Il nostro Sistema Sanitario riconosce trattamenti logopedici e psicologici solo in età evolutiva con presa in carico in età scolare, mentre gli adolescenti devono ricorrere a centri privati. Pertanto è importante da parte dei genitori non trascurare il problema. Nel sud Italia e nelle isole le strutture pubbliche che se ne occupano sono rare. Proprio per questo sempre più famiglie cadono nei tranelli mediatici di millantatori che garantiscono la risoluzione del problema in breve tempo.
Link consigliati
www.balbuzie.biz Punto Parola, Centro Italiano Balbuzie.
www.balbuzie.it per richiedere il manuale “Balbuzie: c’è una via?”