Ci sono bambini che nonostante la tenera età riescono ad esercitare un potere quasi assoluto sui loro genitori, bambini particolarmente capricciosi, ingestibili, insofferenti, furbi e diabolici. Bambini ai quali è impossibile dire di “no” senza che si scateni in casa un vero e proprio putiferio fatto di pianti, urla e di disperazione profonda.
Costoro vengono generalmente definiti come capricciosi e viziati ma è solo un eufemismo: in realtà si tratta di veri e propri tiranni che tengono in scacco un intero nucleo familiare.
Molti genitori sostengono con rassegnazione che i capricci del figlio dipendono dal suo carattere il che sta a significare che qualsiasi strategia pongano in essere sia destinata a fallire; altri invece ammettono di cedere alle continue richieste per stanchezza o per sopperire al senso di colpa di non essere presenti, altri ancora trovano insostenibile il pianto dal momento che lo associano ad una condizione di malessere del bambino.
Opinioni e sensazioni che nonostante siano diverse si sostanziano in un’univoca risposta: assecondare, accontentare, interrompere quel pianto… ciò che semplificando definiremo un’ impostazione educativa sbagliata. Si tratta infatti, di una situazione in cui è chiaramente presente un’inversione di ruoli, è il figlio ad educare il padre e la madre e non viceversa.
Ma com’è facile comprendere, il bambino non ha gli strumenti cognitivi, né l’esperienza dell’adulto per poter consapevolmente discernere il bene dal male, ciò che è giusto da ciò che è sbagliato.
Egli è animato da forme di pensiero dove fantasia e realtà si sovrappongono dando al bambino un senso di onnipotenza che lo espone a rischi.
L’incapacità di alcuni genitori a “contenere” emotivamente i figli induce il bambino ad assumere le redini della relazione.
Un ruolo pericoloso che viene affidato a bambini anche molto piccoli e che può generare limitazioni nello sviluppo delle competenze emotive, nell’acquisizione di strumenti per l’elaborazione delle frustrazioni, nello sviluppo dell’identità e dell’autostima e nella capacità di instaurare e mantenere relazioni sociali in modo adeguato. In casi estremi il bambino può cadere in un vero e proprio delirio di onnipotenza, dove l’adulto è ritenuto incapace ed inaffidabile.
È questo l’inevitabile punto d’arrivo di un processo indotto dalla mancanza di regole e di limiti. La mancanza di qualsiasi forma di contenimento rende il bambino egocentrico e solo apparentemente forte e sicuro.
In realtà simili soggetti sono particolarmente fragili e il primo confronto con la realtà evidenzia tutta la loro inadeguatezza.
È il caso, ad esempio, dell’inserimento nella scuola dell’infanzia, che può essere vissuto da questi soggetti drammaticamente,a volte accompagnato da forti somatizzazioni quali enuresi, vomito psicogeno, incubi, rifiuto del cibo, mutismo selettivo.
I “no” sono un bisogno evolutivo interiore del bambino, nel suo libro, Giuliana Ukmar ritiene che permettere tutto non sia concedere libertà ma dare un segnale di indifferenza e disinteresse. Il contenimento serve infatti al bambino per sviluppare le funzioni di autocontrollo fondamentali per un sano sviluppo del sé.
E se piange e si dispera? Lasciate pure che pianga!
E quando scoprirà che disperarsi non è strumentale al sicuro perseguimento di uno scopo termineranno anche i frequenti e immotivati capricci.
I bambini sono molto più intelligenti di quanto crediate.