a cura di Roberta Cellore, volontaria Italia adozioni

Molta strada è stata fatta negli ultimi vent’anni, da quando è stata introdotta la nuova legislazione sull’adozione (L.184/83). Si sono formati Enti ed Associazioni Familiari, che hanno cercato di preparare al meglio le nuove coppie sulla specificità dei figli adottati e di seguire nel tempo le famiglie neocostituite. Molto rimane da fare invece per educare la società che ci circonda.

Incontriamo nella nostra quotidianità tanti tipi di famiglia, dove i componenti non sempre sono legati da vincoli di sangue; vedi, ad esempio, le famiglie allargate, conseguenza di separazioni e divorzi e risultato di nuove aggregazioni. In quest’ottica le famiglie affidatarie e adottive aggiungono un diverso tassello alla nostra società sempre più in divenire. Se nel mondo adottivo ci si interroga sul linguaggio che parla di adozione, una buona fetta della società rimane ancorata a vecchi schemi.

Che cosa NON dire quando si parla di adozione

Le parole, che utilizziamo quando parliamo con qualcuno, non sono neutre, perché veicolano un messaggio oltre il loro significato. Dobbiamo esserne consapevoli e quindi utilizzarle con cognizione. Analizzeremo alcune espressioni usate comunemente, che invece meritano attenzione.

Adotta un albero, una strada, un parco, etc.
La pubblicità utilizza in modo sbagliato il termine adottare per raccogliere fondi a seconda dell’iniziativa proposta e dell’obiettivo per cui viene realizzata.

Adozione a distanza
Sebbene ampiamente usato anche da enti non profit che lavorano pro infanzia, questa espressione proprio non si addice alle quote annuali o mensili che si inviano per sostenere economicamente un bambino nel suo Paese. Si tratta infatti propriamente di sostegno a distanza.

“Che bravi siete stati”
Giusto per fare chiarezza, i genitori adottivi non sono brave persone che salvano un bambino dalla miseria materiale e intellettuale, ma sono dei genitori diventati tali in modo differente. L’adozione è l’incontro di due bisogni: quello di un minore di avere una famiglia e quello di due adulti di diventare genitori. Il bisogno, anzi il diritto di essere amato e accudito del bambino è l’aspetto centrale. Non si dà un figlio a una coppia, ma si dà una famiglia a un bambino.

Domande da non fare sull’adozione

“Dove sono i veri genitori?”
Spesso questa domanda viene fatta ai minori stessi:”Dov’è la tua vera mamma?” Perché si intende che l’essere figlio sia riferito al sangue, alla biologia e che questo legame sia quello vero. In realtà si asserisce al contempo e di conseguenza, che il legame adottivo è “falso”. Ma esistono forse genitori falsi? L’amore delle famiglie adottive testimonia che i legami tra genitori e figli sono oltre il sangue e il DNA. Meglio allora chiedere per esempio dei genitori di nascita oppure, se si sa il Paese di provenienza del bambino, dei genitori del Brasile, del Vietnam, dell’Etiopia, etc.

“Lo avete scelto?”
Domanda fuori luogo che spesso i genitori adottivi si sentono fare anche  davanti ai loro figli. Quando si adotta, i genitori non scelgono il proprio figlio, ma vi è un abbinamento tra la coppia e il minore vagliato ed eseguito da professionisti dell’adozione.

“Quanto lo avete pagato?”
Domanda terribile che va a braccetto con la domanda qui sopra. Un bambino non si acquista. Le spese dell’adozione internazionale che le coppie sostengono, servono per coprire i costi delle traduzioni dei documenti da presentare al Paese di origine del figlio, delle spese amministrative e di servizio dell’ente autorizzato sia in Italia che nel Paese straniero,  i viaggi per stabilire una relazione col minore, la permanenza all’estero, etc. (ad esempio in alcuni Paesi sono previsti più viaggi, in altri viene chiesto di fermarsi per 40/50 giorni). L’adozione nazionale, invece, non ha alcun costo.

A ciò aggiungiamo che si dovrebbero evitare tutte quelle domande personali per rispetto della storia del bambino e  della sua privacy.

Giornalismo e adozione

Le parole di ogni giorno si muovono, camminano, s’intrecciano, costruiscono il presente e progettano il futuro. Valutare il potere delle parole e sceglierle con cognizione è molto importante. Vale per l’adozione, vale per tante altre situazioni della vita dove sono richieste attenzione e  sensibilità .

In questo i media hanno grande responsabilità nel veicolare contenuti corretti.  Sono un fatto, invece, i titoli dei giornali quando si parla di figli o famiglie adottive: “Figlio adottivo uccide la madre”. Usare l’aggettivo “adottivo” porta a pensare che il gesto efferato sia stato compiuto perché l’assassino non era “veramente” figlio della vittima, usare l’aggettivo “adottivo” sembra quasi allontanare la possibilità che l’omicidio della propria madre possa accadere in una famiglia dove i legami sono di sangue e i figli sono “veri”.

Alcune tesi di laurea hanno indagato sul linguaggio dei mass media rispetto all’adozione ed è  emerso che poche volte i media offrono sostegno al mondo adottivo, contribuendo a diffondere la corretta conoscenza di questo mondo. Eppure, le famiglie diventate tali tramite l’adozione sono testimoni e anticipatrici del mondo che verrà, della società multietnica del futuro.  L’adozione, infatti, coniuga la diversità etnica con quella culturale in quanto relativa a sistemi comunicativi e valoriali differenti e, come tale, è portatrice di novità e arricchimento all’interno del quotidiano contesto sociale.

Lavorare sui concetti di accoglienza, di integrazione di culture differenti e coglierne l’intersezione è necessario per una matura crescita civile. Farlo attraverso un linguaggio adeguato è un punto di partenza per un giornalismo che stia al passo con i tempi e che in questa costruzione ha una grande responsabilità.

Ciao Figlio,
volevo che sapessi che certe parole possono avere valori diversi tra le persone. Perciò se incontri persone che hanno paura di parole come “adozione” o “adottato”, che per noi sono tanto luminose e reali, non lasciare che la loro paura ti ferisca. Pensa sempre alle parole e ai gesti che noi, tuoi genitori, abbiamo per te… pieni di vero amore, pronti per te che abbiamo aspettato, desiderato e accolto dal cuore.

Da Cara adozione 2, Il giusto peso delle parole, ItaliaAdozioni 2022