Succede abbastanza spesso ed è un evento traumatico, soprattutto per i genitori alle prime armi. Se ne parla poco e anche per questo ci si ritrova impreparati a gestire la situazione. Spesso sono eventi che si verificano nei bambini nella prima infanzia, ma non sono rari anche nell’età scolare.

Di cosa parliamo? Degli spasmi affettivi, manifestazioni intense di pianto che causano una vera e propria crisi nel piccolo. Immaginiamo di trovarci di fronte a questa scena: il nostro bambino comincia a piangere per ed è inconsolabile; cerchiamo di calmarlo, di tranquillizzarlo e di farlo sentire al sicuro eppure lui continua a piangere. Questo pianto è così forte che improvvisamente il suo volto impallidisce e le labbra si scuriscono, manca il respiro e può verificarsi una temporanea perdita di coscienza. Dura solo pochi secondi, una frazione di tempo trascurabile eppure sembra che il mondo si fermi, che questa crisi stia durando da una eternità.

Di fronte alla perdita di coscienza, i genitori possono restare paralizzati dalla paura, ma immediatamente dopo il respiro riprende, le labbra si schiariscono, il pianto ricomincia ma di intensità minore e in poco tempo la situazione torna alla normalità. Normalità apparente perché in cuor nostro siamo ancora sconvolti!

Allora conosciamo meglio questi spasmi affettivi per imparare a riconoscerli e a descriverli al Pediatra, per avere le giuste raccomandazioni.

Innanzitutto è bene sapere che l’età di insorgenza di queste crisi è variabile: sicuramente la frequenza è più alta tra i 6 ed i 18 mesi, in alcuni casi però si possono osservare spasmi affettivi anche nei bimbi che frequentano l’asilo o i primi anni delle scuole elementari. La durata delle crisi è brevissima: una manciata di secondi. Il respiro si normalizza subito dopo senza conseguenze, se non un grande spavento.

Come si gestiscono gli spasmi affettivi?

Potrebbe sembrare riduttivo ma non si può fare molto se la crisi è in corso. È però fondamentale mantenere la calma, mostrarsi sereni ai bambini anche se sono temporaneamente in apnea. Questo è importante perché durante una crisi il bambino non riesce a gestire la sua forte emozione e perde il controllo sulla respirazione e sul suo corpo: se vede un genitore in panico la sua paura potrebbe addirittura aumentare. Tenerlo abbracciato, rassicurarlo che presto la crisi passerà e infondere serenità è il modo migliore per gestire questa delicata situazione.

Cosa fare dopo?

Risposta semplice: tante rassicurazioni. Coccoliamolo e continuiamo a manifestare calma, serenità e amore.
Se la crisi è la reazione ad un rimprovero del genitore, è importante che ad acque calme si instauri nuovamente un dialogo con il bambino affinché capisca i motivi del richiamo, che non deve comunque essere sminuito.

Possiamo prevenire gli spasmi affettivi?

Si, prevenirli è possibile. Se riusciamo a riconoscere la fonte di stress che innesca la crisi nel nostro bambino, possiamo allontanarla e prevenire le reazioni. Ad esempio, se sappiamo che un cane che abbaia vigorosamente spaventa il nostro piccolo e potrebbe causare una crisi, allora allontaniamolo dall’animale.
Gli spasmi affettivi non sono manifestazioni di malattie, sono eventi isolati di natura emotiva, non lasciano conseguenze sul bambino e con la crescita tendono a sparire. Se però il bambino li manifesta con frequenza, è opportuno parlarne con il pediatra perché potrebbero associarsi a carenze di ferro. In questi casi, sarà il medico a prescrivere gli esami più adatti per escludere questa carenza oppure per proporre una terapia con integratori di ferro.
Infine, se avete l’impressione che il bimbo sia consapevole che un pianto inconsolabile è una strategia che ha imparato ad usare per i suoi capricci, occorre parlarne anche con il resto della famiglia e con le insegnanti per un confronto diretto.