Il Carnevale è da sempre una festa di travestimento, creatività e libertà espressiva. Eppure, ancora oggi, i costumi proposti ai bambini riflettono rigidi stereotipi di genere, limitando la possibilità di esplorare ruoli e identità diverse.

Si parla ogni giorno di parità di genere, eppure i dati dimostrano che il divario è ancora lontano dall’essere colmato*.
Per questo è necessario cogliere ogni opportunità per abbattere gli stereotipi e promuovere una cultura più inclusiva. Il Carnevale, ad esempio, può diventare un’occasione preziosa per trasformare il gioco del travestimento in uno strumento di libertà, permettendo ai bambini di esplorare identità e ruoli senza le limitazioni imposte dai pregiudizi di genere.

Attraverso una scelta di costumi senza preconcetti e la valorizzazione della fantasia, questa festa può trasformarsi in un momento educativo, in cui bambine e bambini sperimentano nuove identità senza essere vincolati da etichette di genere.

Il travestimento è un’attività essenziale per i bambini, è uno strumento di crescita che dovrebbe accompagnare i piccoli ben oltre la prima infanzia. Innanzitutto è un’esperienza di libertà, permette loro di esplorare la propria identità, conoscersi meglio e acquisire sicurezza in sé stessi. È anche un potente stimolo per la creatività, dando spazio all’immaginazione e alla sperimentazione di ruoli diversi. Inoltre, è un mezzo per sviluppare empatia e intelligenza emotiva, perché attraverso il gioco i bambini imparano a comprendere le emozioni proprie e altrui, a mettersi nei panni degli altri e a gestire le dinamiche sociali. Dal punto di vista psicologico, il travestimento è una valvola di sfogo per le emozioni, soprattutto quelle difficili da esprimere a parole. È uno spazio sicuro in cui il bambino può rielaborare esperienze, esplorare alternative e sviluppare il pensiero critico e la capacità di risolvere problemi. Il gioco simbolico, che si manifesta attraverso il travestimento, è fondamentale per rafforzare l’autostima e la consapevolezza di sé.
Ecco quindi che sfruttare feste e occasioni per educare alla parità attraverso il gioco, soprattutto nella prima infanzia, diventa un approccio efficace. Gli stereotipi di genere, infatti, iniziano a radicarsi presto.
Già intorno ai 18 mesi i bambini distinguono le differenze fisiche tra maschi e femmine. Tra i 2 e i 3 anni avviene il processo di identificazione di genere, mentre entro i 5 anni interiorizzano gli stereotipi culturali legati ai ruoli di genere, come l’idea che il maschio sia forte e il supereroe, mentre la bambina sia dolce e principessa.

In questa fase, la scuola dell’infanzia, la famiglia e l’intero contesto educativo 0-6 anni giocano un ruolo cruciale nel contrastare visioni rigide e stereotipate, offrendo alternative che mostrino come giochi, aspirazioni, professioni e attività non debbano essere legati al genere.

Ovviamente l’educazione dei bambini passa prima da quella degli adulti. Educare anche i grandi è quindi indispensabile: solo con una maggiore consapevolezza del proprio ruolo educativo è possibile favorire un ambiente libero da stereotipi e pregiudizi. Le scelte che facciamo per i bambini, anche prima della nascita – dai colori dei vestiti ai giocattoli – influenzano il loro modo di vedere il mondo e di interpretare il proprio ruolo nella società.

Se invece impariamo a considerare la diversità come una ricchezza, possiamo offrire loro un’educazione realmente inclusiva.

Il Carnevale può essere un’occasione perfetta per riflettere su questi temi. Spesso sono gli adulti a scegliere i costumi per i più piccoli, e qui emergono chiaramente le influenze culturali ed educative: i maschi vestiti da supereroi, le femmine da principesse, oppure professioni declinate in base al genere, come il dottore per i maschi e l’infermiera per le femmine. Questo non fa altro che rafforzare schemi rigidi e limitanti, facendo perdere al travestimento il proprio valore.

Come possiamo cambiare prospettiva?

Promuovere la libertà di scelta nei travestimenti

Un primo passo è lasciare ai bambini maggiore libertà di scelta, ed eventualmente aiutarli proponendo costumi non legati al genere, come ruoli professionali in versione neutra, ad esempio, “medico” anziché “dottore” o “infermiera”. Ancora meglio è incoraggiarli a creare il proprio travestimento con accessori e tessuti, senza vincoli predefiniti, come avviene in molte scuole che adottano il “baule dei travestimenti”, pieno di cappelli, occhiali, mantelli, stoffe e camicie, permettendo così ai bambini di esplorare liberamente chi vogliono essere. In questo modo non proponiamo un costume legato a un personaggio o a un ruolo ma li lasciamo liberi di giocare con la fantasia e di diventare ogni volta quello che vogliono.

Rispettare le scelte dei bambini

Un aspetto fondamentale è anche il rispetto delle loro scelte: se un bambino vuole travestirsi da fata o mamma e una bambina da supereroe, non dobbiamo ridicolizzarli o scoraggiarli. Il travestimento è un gioco, un modo per sperimentare e immedesimarsi in modelli positivi, magari ispirati a personaggi di storie, film o persone che ammirano.

Per contrastare gli stereotipi, è utile ampliare l’offerta di modelli positivi, mostrando ai bambini e alle bambine storie di donne e uomini che hanno superato i limiti imposti dal genere, raggiungendo traguardi importanti in ogni ambito. Non si tratta di condannare le tendenze attuali, ma di offrire una prospettiva più ampia, in modo che ogni bambino possa sentirsi libero di scegliere chi essere, senza condizionamenti. Spesso, le nostre resistenze derivano da pregiudizi inconsapevoli o dalla paura di ciò che non conosciamo.

Affrontare i travestimenti controversi con serenità

Allo stesso modo, quando i bambini scelgono costumi ispirati a personaggi discutibili, non è il caso di allarmarsi: il fascino dell’ignoto, del pericolo o del personaggio ambiguo fa parte della crescita. Non significa che un bambino che si veste da antagonista, dal cattivo della situazione come ad esempio un voglia emularne il comportamento, ma semplicemente che sta esplorando le proprie curiosità e le diverse sfaccettature della personalità umana.

Anche questa è sperimentazione e non significa nulla. C’è una fase in cui i bambini e ragazzi sono naturalmente attratti dal senso del pericolo, dall’ignoto e persino dalla sfida della morte. Sono affascinati da personaggi controversi, perché questo dialogo interiore con le nostre parti più oscure è qualcosa di innato e universale. È un processo normale e fisiologico, per cui non dovremmo drammatizzare eccessivamente quando un bambino sceglie di rappresentare questi temi, ad esempio durante il Carnevale, momento in cui ha la libertà di esprimere la propria curiosità attraverso un costume o un ruolo che lo affascina.

Stimolare la riflessione sulle scelte di travestimento

Quando i bambini crescono un po’, è possibile avviare discussioni guidate per aiutarli a riflettere sulle loro scelte: cosa li spinge a preferire un travestimento o un personaggio rispetto a un altro? Questo percorso di consapevolezza può essere arricchito anche dal superamento di stereotipi già radicati, stimolandoli a esplorare schemi diversi.

Ad esempio, se una bambina sceglie di travestirsi da Wonder Woman, si può ragionare insieme su come arricchire il personaggio con nuove caratteristiche: e se fosse stata un’ingegnere aerospaziale prima di diventare un’eroina?
Questo permette di ampliare il ruolo con elementi meno tradizionali rispetto agli stereotipi di genere.

Allo stesso modo, un bambino che sceglie di essere un cavaliere, uno spadaccino o un pistolero potrebbe immaginare il suo personaggio come gentile e pacifico, qualcuno che si prende cura degli altri, magari con una famiglia di cui occuparsi. In questo modo, si gioca con i ruoli, mescolando tratti comunemente attribuiti al maschile e al femminile.

Dopotutto, nella vita reale ognuno di noi ricopre più ruoli contemporaneamente: siamo lavoratori, ma anche figli, fratelli, genitori, amici. Aiutare i bambini a esplorare questa complessità attraverso il gioco e la creatività li aiuta a sviluppare una visione più ampia e flessibile di sé e degli altri.

*Una reale parità di genere risulta ancora lontana. Il Global Gender Gap Report 2024, pubblicato dal World Economic Forum evidenzia come il punteggio globale del divario di genere si è attestato al 68,5% con un miglioramento di soli 0.1 punti percentuale rispetto al 2023. Con questi numeri si stima ci vorranno 134 anni per raggiungere la parità di genere a livello globale, circa cinque generazioni. L’indice globale del divario misura le differenze di genere in 146 paesi con riferimento a quattro dimensioni:

● Partecipazione economica e opportunità
● Livello educativo
● Salute e sopravvivenza
● Emancipazione politica

L’Italia si trova alla 87° posizione, un peggioramento rispetto all’anno precedente, quando si trovava al 79° posto. Nonostante un miglioramento di 4 posizioni nell’ambito dell’istruzione il nostro paese rimane comunque diversi passi indietro confermando che la strada verso la piena parità è ancora lunga.