Accanto alla scuola tradizionale vi sono modalità di apprendimento “alternative”, altrettanto valide e praticabili, liberamente gestite in famiglia.
Tutti i genitori con figli, prima o poi, devono confrontarsi con il mondo della scuola e non sempre la relazione è pacifica. Chi si trova in difficoltà, alla fine, è il bambino, che percepisce le reticenze dei genitori, così come quelle degli insegnanti. La scuola è sicuramente un luogo di grande socializzazione e confronto, che offre a bambini e ragazzi un importante “assaggio di mondo”, che permette loro di apprendere e sperimentare le proprie abilità in contesti protetti. A volte, però, i genitori possono trovarsi in situazioni di difficoltà, a causa delle quali diventa difficile inserire serenamente i figli in contesti scolastici (es. particolari malattie dei bambini, gravi disagi economici, scarsa fiducia nei metodi educativi di un determinato istituto, problematiche gestionali dovute al lavoro, ecc.).
Qualunque sia il motivo, può rendersi necessaria una riflessione importante sull’inserimento scolastico. Per questo, è bene che le famiglie siano informate di un’opportunità, che esiste anche sul territorio italiano, ed è sconosciuta ai più.
Viene, per lo più, denominata “educazione parentale”: si tratta della possibilità, per i genitori, di istruire ed educare (come cita la costituzione italiana, essi sono e rimangono i primi educatori) i figli senza inserirli in una vera e propria scuola, ma dando essi stessi, al proprio domicilio o nei luoghi che ritengono idonei, gli insegnamenti curricolari che i ragazzi riceverebbero parimenti andando a scuola. La metodologia, se vogliamo, non è “innovativa”: ricorda molto il vecchio precettore, al quale, prima della scuola pubblica, veniva affidata l’istruzione dei ragazzi. Ovviamente vi sono delle modalità specifiche con le quali viene messa in atto l’educazione parentale. Non dev’essere vista come un rifiuto della scuola o come un risparmio economico sui libri di testo: è un’alternativa alla scuola tradizionale, che permette ai genitori di essere protagonisti reali nell’apprendimento dei figli.
Si sviluppa secondo due correnti: una più simile alla scuola tradizionale, che è l’homeschooling, in cui sono le figure familiari a guidare l’apprendimento, tramite l’utilizzo di testi, anche scolastici, in genere in precisi ambienti e momenti della giornata, a volte in piccoli gruppi di più famiglie.
Accanto a questa, trova posto anche l’unschooling, un apprendimento non mediato, nel quale l’unico protagonista è il bambino-ragazzo. A lui viene lasciata la libertà di scegliere cosa, come e quando imparare. Ovviamente, il genitore ha un ruolo attivo anche in quest’accezione, accompagnando i figli, individuando attitudini e potenzialità, indirizzandoli e offrendo loro gli strumenti dei quali potrebbero avere necessità.
Ogni famiglia, in realtà, seguendo alcune regole condivise, pratica una personale modalità di insegnamento. L’impegno richiesto è, come si evince, molto, perciò i più scelgono, comunque, di affidarsi alla scuola così come la si è sempre conosciuta, il che è e rimane un fatto assolutamente positivo. Scopo di pedagogisti ed educatori, però, è anche quello di informare e offrire il miglior ventaglio di possibilità, alle famiglie che ne sentono il bisogno. Per scegliere con cognizione di causa, l’educazione parentale così come l’inserimento a scuola, è utile sapere quali siano le alternative disponibili: la consapevolezza è sempre un arricchimento, qualunque sia la scelta che ne consegue.