“Guardo dalla finestra l’immensità del vuoto
e vedo te mio figlio adorato,
e dove guardo ti vedo apparire…
senza di te mi sentirei un fallito
perché tu sei il mio sogno realizzato”
Tratto da “Rimpianti di un padre carcerato, poesia al figlio di un detenuto”
L’ articolo nasce dal desiderio di presentare la stupenda avventura dello “Spazio-Giochi” all’interno della Casa Circondariale “Capodimonte” di Benevento, dove insieme alla dottoressa Claudia D’Anna accogliamo ogni mercoledì da tre anni, i bambini e gli adolescenti prima del colloquio con il papà e altri parenti.
Nello specifico, però, cercherò di raccontare il vissuto dei minori che incontrano il papà, consapevole del fatto che la carcerazione di un genitore ha un impatto molto forte nella vita e sul benessere psico-fisico e sociale dei figli, ma soprattutto rappresenta un forte trauma per tutta la famiglia e una rottura della quotidianità, che può diventare ancora più difficile a causa dello stigma, del giudizio negativo e dell’esclusione.
Le difficoltà sono rilevanti soprattutto per i più piccoli, che sono spesso sprovvisti di risorse per comprendere cosa accade vivendo tutto con molta angoscia, confusione, preoccupazione, paura, senso di abbandono e di inadeguatezza.
Un detenuto deve certamente pagare per il reato commesso ma resta sempre una “Persona” ed un “Papà”, fondamentale figura nella vita dei propri figli.
Per questo motivo, il Consiglio d’Europa ha sancito che i bambini-adolescenti hanno diritto ad avere una relazione con il papà detenuto.
La Carta dei diritti dei figli di genitori in carcere ha riconosciuto il diritto del minore al mantenimento del legame affettivo con il genitore, affinché la relazione potesse evolvere e non rimanere ferma al momento dell’allontanamento. Ha ribadito inoltre anche il diritto alla genitorialità, iniziando dalla cura delle relazioni e dallo “stare con”.
La Convenzione internazionale dei diritti dei bambini e degli adolescenti, poi, ha stabilito per la prima volta che essi sono “Persone” aventi dei diritti, tra cui quello di essere accuditi, amati e protetti dai genitori (art.9). Su tali basi il sistema penitenziario ha risposto ai bisogni dei minori ad avere una mamma e un papà aprendo le porte del carcere, così da farli incontrare con il genitore e a cambiare la cultura dell’accoglienza.
Se da un lato,il contatto con il mondo esterno è fondamentale per il detenuto al fine di contrastare i danni del carcere, dall’altro il mantenimento delle buone relazioni familiari contribuisce a ridurre il tasso delle recidive e aiuta nel reinserimento della comunità.
Per quanto riguarda, invece, il contatto regolare tra il minore e il genitore, risulta essere fondamentale per il loro sviluppo psico- affettivo.
L’esperienza della Casa Circondariale “Capodimonte”
Sulla base di queste premesse, è stato pensato di aprire lo “Spazio-Giochi” nella sala di attesa della Casa Circondariale “Capodimonte” di Benevento, per accogliere i bambini in attesa di poter entrare con le mamme senza subire la durezza e il grigiore del sistema penitenziario. Sono stati accolti minori di qualche mese fino a 17 anni.
Lo Spazio-Giochi è:
– uno spazio di frontiera dove il “dentro” e il “fuori” si connettono;
– un’isola felice in quanto costruita a misura di bambino,in cui potersi sentire protetto,accolto, ascoltato e riconosciuto in quanto “Bambino”;
– un luogo d’accoglienza che migliora l’attesa del colloquio;
– un punto di riferimento che attutisce l’impatto con un ambiente potenzialmente traumatico,scevro da tensioni e disagi e promuove anche l’affettività ed un ritrovato senso di famiglia;
– un punto di aggregazione sociale e di socializzazione tra pari;
– uno spazio di relazione e di ascolto;
– uno spazio di giochi,di colori e di emozioni.
Lo Spazio-Giochi è stato attrezzato per i minori che entrano in carcere al fine di rendere l’ambiente allegro colorato e familiare. Le pareti sono decorate con personaggi della Walt Disney e con i loro disegni. Pochi sono gli arredi al fine di privilegiare l’ attività ludica.
Una volta entrati nello Spazio-Giochi, accompagnati dalle mamme e da altri familiari, i bambini sono liberi di dipingere, di giocare, di scherzare, di sorridere e a volte si dimenticano di dover incontrare il loro papà. Spesso accade anche che come un fiume in piena raccontano, attraverso dei cuori o un disegno da regalare al papà, le emozioni che vivono per la separazione, travolgendo noi volontarie come un’onda emotiva e suscitando risonanze emotive fortissime: “Papà mi manchi, ti voglio bene, ti penso sempre, vorrei raccontarti tante cose, ho bisogno di te, ti amo, vorrei giocare con te e guardare i cartoon, voglio stare sempre con te,vorrei andare allo stadio e tifare per la nostra squadra del cuore, mi abbracci così sento meno la tua mancanza, vorrei la famiglia unita…”.
Dopo la visita al papà, qualche bambino torna per continuare a giocare o semplicemente per riferire cio’ che ha provato: “Grazie, è stato bello, mi sento più leggero, papà piangendo mi ha detto che sono la sua principessa, è stato bello abbracciare il mio papà e sentire il suo cuore battere, adesso so che papà mi vuole bene”.
Sono convinta che il loro raccontarsi al papà abbia avuto dei benefici nell’immediato perché non solo hanno condiviso e comunicato il proprio mondo emotivo, il loro malessere mascherato, i loro pensieri dai quali molte volte gli adulti sono esclusi; ma abbia aiutato anche il papà a manifestare il suo amore nei loro confronti e di essere almeno per un’ora “genitori e figli” come nella realtà.
Questo è un piccolo spaccato della storia di tanti bambini e adolescenti chiamati “invisibili” perché si sentono “trasparenti” rispetto alle attenzioni di un genitore in quanto essendo detenuto non può dare quotidianamente affetto. Ma vuole essere anche uno spunto di riflessione per tutti gli operatori a essere disponibili affettivamente, ad ascoltare, ad accogliere, a giocare, ad aiutarli ad esprimere il proprio vissuto rinforzando con una semplice frase: “Papà sarà molto contento ed orgoglioso di te” e invitandoli ad abbracciarlo e a dirgli “ti voglio bene”.
L’obiettivo dello Spazio è quello di continuare ad insegnare a “conquistare l’originalità della relazione” come dice Barthes, ma soprattutto a comprendere che un bambino o un adolescente quando entra allo spazio giochi ha tante questioni che pesano nel cuore, ma di cui spesso non ha nessuno con cui parlare. E poi, pur sapendo che è molto complesso il rapporto tra sicurezza ed affettività, è necessario continuare a eliminare altre barriere perché non si può spostare l’afflittività delle pene sui bambini che non hanno nessuna colpa.
La porta dello Spazio-Giochi sarà ancora per tanto tempo aperta,grazie alla disponibilità e alla sensibilità del direttore del penitenziario,della polizia penitenziaria e del corpus degli educatori.
Le emozioni che si provano in questa piccola stanza sono a volte difficili da spiegare, bisogna solo viverle.
Lo Spazio-Giochi è veramente magico perché è un grande cuore pulsante che illumina i visi dei bambini e adolescenti e li fa sorridere. È un grande atto d’amore di noi adulti verso di loro.
Dare voce ai bambini ed adolescenti,
Ascoltarli non farli sentire invisibili è difficile ma con l’aiuto di voi professionisti seri e capaci tutto sembra più semplice
Pina Chiavelli sei Unica ❤️