L’autismo comincia a manifestarsi nei primi trenta mesi di vita, con modalità di esordio riassumibili nelle seguenti situazioni:
– Autismo che insorge come tale sin dai primi mesi di vita.
Il bambino non inizia proprio a mostrare capacità comunicative, siano esse verbali, siano esse non verbali; non si relaziona con gli altri, sfugge il contatto oculare, non reagisce in modo significativo e non reagisce affatto agli stimoli esterni, spesso presenta anche un ritardo di sviluppo motorio.
– Autismo che insorge in un bambino che ha invece cominciato a sviluppare le proprie capacità relazionali, comunicative e motorie in modo normale e nel rispetto delle tappe di normalità di riferimento.
È il comunemente detto “autismo regressivo”, anche se non condivido questa terminologia, perché “regressivo” è lo sviluppo del bambino, non dell’autismo, che, anzi, è progressivo; per cui quando si dice autismo regressivo si commette l’errore di abbinare un aggettivo riguardante lo sviluppo del bambino, al sostantivo che invece definisce la patologia “in progress”.
In entrambe le situazioni e indipendentemente dalla cause (spesso multiple) che innescano la sindrome autistica, si può affermare che il bambino “avviato verso l’autismo”, si trova ad attraversare un periodo più o meno lungo – in genere della durata di alcuni mesi – durante il quale manifesta un progressivo emergere ed un progressivo accentuarsi della sintomatologia che poi configurerà l’autismo conclamato. È su questo periodo breve, che spesso passa inosservato o viene mal interpretato, che intendo soffermare l’attenzione e proporre alcune considerazioni che a mio parere sono di fondamentale importanza per la realizzazione (improcrastinabile) di un intervento preventivo o, se vogliamo definirlo così, curativo precoce.
Alla luce anche di numerosi follow-up effettuati su casi clinici che hanno avuto destini diversi quanto all’avvenuto o mancato recupero, mi sento di affermare che un intervento riabilitativo precoce, competente, adeguato ed intensivo, può cambiare la vita ed il destino di un bambino inizialmente avviato verso l’autismo. Non raramente, ed oggi anche un pò più frequentemente rispetto a qualche tempo fa, ho avuto la possibilità di osservare in prima visita foniatrica, un bambino che senza esitazione avrei definito “nell’anticamera dell’autismo”, cioè in un momento molto particolare e delicato, scientificamente poco definibile (e questo limita molti genitori e soprattutto medici che riducono il fenomeno patologico ad una valutazione quasi aritmetica) ma non per questo non identificabile, durante il quale si può notare ed osservare un bambino che:
– prima parlava di più, ora parla ma di meno ed in modo talvolta ripetitivo e meno referenziale;
– prima era più attivo, ora è più spento e tende ad isolarsi;
– prima giocava con gli altri, ora preferisce stare da solo con un giocattolo, per lo più sempre quello;
– prima guardava negli occhi, ora lo fa, ma di meno.
Ecco quindi una prima serie di segni che non identificano un isolamento ed una chiusura totali, tali da rendere palese ed eclatante il quadro dell’autismo (anche se sono ancora molti gli ostinati che anche in situazioni del genere negano l’evidenza), ma che di quell’autismo conclamato ci stanno fornendo un sentore ed un percorso di avvicinamento abbastanza significativi.